LA RIFORMA DELLO SPORT CHE SVUOTA IL VOLONTARIATO
La nuova legge nazionale – che disciplina, riformandolo, il settore sportivo ed introduce due nuovi concetti, ovvero quelle del “lavoro sportivo” e del “lavoratore sportivo” – dà vita anche ad una sorta di apprendistato biennale per atleti di età
ricompresa fra i 14 ed i 23 anni di età, al termine del quale ad ogni ragazzo/a dovrà essere sottoposto un contratto di “lavoratore sportivo”, nella sua qualità di atleta.
E’ evidente che si tratta di una vera e propria rivoluzione nel campo dello sport, con particolare riguardo all’ambito amatoriale; una rivoluzione che muta profili ed assetti e riconduce le attività volontaristiche ad una dimensione ben più professionale, che sta creando comunque non pochi problemi e perplessità alle varie società sportive operanti anche sul nostro territorio.
Per poter procedere comunque nella direzione indicata dalla nuova legge, mancano ancora regolamenti attuativi, nonché indicazioni dell’I.N.P.S. e dell’ I.N.A.I.L. circa le posizioni di tali “lavoratori” ed il versamento dei relativi contributi previdenziali e
tutto ciò reca un danno notevolissimo al sistema sportivo, gravandolo inoltre di un peso burocratico sempre più insostenibile. Una riforma che, a ben vedere, appare quindi chiaramente incompatibile soprattutto con le società sportive dilettantistiche e la loro vita associativa, proprio per la sua complessità e farraginosità e che non trova soluzione nemmeno nell’assistenza fornita alle società medesime dal C.O.N.I. e dalla sua varie Federazioni, che paiono anche loro annaspare in un mare di
confusioni e di incertezze.
Si tratta insomma dell’ennesima riforma tronca, che sembra puntare ad una progressiva limitazione del ruolo del volontariato, sul quale la stessa legge appare molto vaga, indicando, ma non definendo; stabilendo, ma non determinando e quindi
generando confusione e dubbi che, a loro volta, intaccano la volontà e la presenza attiva di quel volontariato sul quale le società dilettantistiche si sono rette fino ad oggi.
Questo è il quadro nazionale, stigmatizzato più volte anche dai vertici federali del C.O.N.I. e sul quale la chiarezza, quando giungerà, sarà sempre e comunque tradiva.
E sul piano provinciale? Il Trentino ha competenza primaria in materia e quindi la Giunta provinciale cosa intende fare? Lasciare forse che il pantano giuridico-amministrativo venga a danneggiare anche le nostre società o piuttosto agire ed affrontare il problema, intervenendo, anche normativamente, per sostenere il dilettantismo e non esporre anche il settore sportivo a quei rischi di impoverimento e di esaurimento che già abbiamo osservato nel settore culturale e del volontariato sociale, con la riforma del “terzo settore”.
L’autonomia d’altronde ha un senso se agisce meglio – e con minori costi – dello Stato centrarle, secondo la sempre attuale lezione degasperiana e non se si adegua e si prostra davanti alla normativa statale, limitandosi a recepirla ed applicarla in sede locale, come più volte avvenuto, in molte materie, nella corrente Legislatura.
Tutto ciò premesso, si interroga la Giunta provinciale per sapere:
- se la stessa è a conoscenza del grave disagio che sta crescendo nel mondo delle società sportive dilettantistiche in vista dell’applicazione prossima della nuova normativa nazionale di riforma del settore sportivo;
- cosa eventualmente intende fare la stessa per fronteggiare le difficoltà evidenti di tali società – ed in genere del volontariato sportivo – sulla base delle competenze autonomistiche primarie in materia;
- se la stessa è consapevole del grave rischio che sta correndo il mondo dello sport amatoriale, sempre più compresso ed obbligato da una burocrazia soffocante e limitante;
- se condivide il disegno politico nazionale in atto e mirato a regolamentare, ma soprattutto a comprimere, l’intera galassia del volontariato sociale, sportivo e culturale, riportando molte funzioni in capo allo Stato, secondo una cultura di chiara
matrice centralista.
A norma di regolamento si richiede risposta scritta.
avv. Luca Zeni