Proposta di mozione

Misure urgenti per la fase 2 della pandemia Covid-19

In data 19 maggio 2020 il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento approvava, nel corso di un consiglio straordinario dedicato all’emergenza Covid-19, due risoluzioni, indicanti una serie di misure da adottare in ambito di politiche sanitarie, in modo da organizzare in sistema per essere pronti ad una possibile seconda fase dell’epidemia.

In questi giorni si stanno moltiplicando le segnalazioni di persone in difficoltà nel rapporto con il sistema tamponi/tracciamento/isolamento.

In particolare si lamentano:

- tempi a volte lunghi tra richiesta di tampone da parte del medico di medicina generale e tampone;

- tempi molto lunghi tra tampone antigenico rapido e tampone molecolare. Ricordiamo che in questo momento la positività viene accertata ufficialmente solo attraverso il tampone molecolare, sia dal punto di vista dei “conteggi” ufficiali, sia per le procedure di isolamento e le certificazioni. Il sistema dei test rapidi funziona bene se il giorno successivo si esegue il tampone molecolare di conferma, ma se passano 7-10 giorni, diventa ingestibile, a meno che non si prenda atto che il sistema è andato fuori giri e si ritengano sufficienti i tamponi rapidi antigenici per considerare accertata la positività;

- incertezza sulle procedure da seguire nel caso di positività al tampone antigenico, nella lunga attesa per i tamponi molecolari, poiché spesso non ci sono comunicazioni chiare: i familiari devono rimanere in quarantena (un conto è l’opportunità, un conto è una indicazione ufficiale dell’Apss)? Se si, perché non viene inviata una certificazione? Il familiare in isolamento come giustifica l’assenza dal lavoro se la positività del congiunto non è “ufficiale” e non sono inviate le certificazioni di quarantena? I figli minori possono comunque frequentare la scuola? Se nel frattempo non sono disposti i tamponi ai familiari, non si conoscono eventuali altre positività e questo incide ad esempio sulla mancata chiusura delle classi;

- deficit di comunicazione:

a) la fretta nel voler annunciare ipotesi e percorsi, crea confusione. Il cittadino medio nei giorni scorsi ha capito che basta recarsi in farmacia per poter fare un tampone rapido, qualora lo ritenesse. In pochi hanno capito che è una (interessante) ipotesi di lavoro su cui si sta lavorando, ma soltanto due farmacie in tutto il Trentino al momento possono fornire il servizio, usufruendo di infermieri, e solo con richiesta del medico di base;

b) una volta accertata la positività con test rapido, l’assenza di comunicazioni e la difficoltà di mettersi in contatto con la centrale covid rende crea molte difficoltà gestionali ed emotive alle famiglie coinvolte;

- scarso coinvolgimento delle professioni sanitarie;

- scarsità di personale, soprattutto infermieristico.

Gestire la Pandemia non si è dimostrato facile a nessun livello, e vediamo che in tutto l’Occidente la seconda ondata sta portando a provvedimenti restrittivi diffusi. Ovunque si intrecciano il rilassamento nei comportamenti individuali, dopo un’estate di tregua che ha fatto abbassare la guardia, e la mancata capacità dei sistemi di organizzarsi in vista di una possibile seconda ondata.

Se confrontiamo l’Italia ed il Trentino, le considerazioni potrebbero essere analoghe, perché la nostra Provincia ha scelto di seguire indicazioni generali, senza sfruttare le opportunità dell’autonomia speciale, ossia la possibilità di strumenti normativi e organizzativi forti a supporto di una strategia politico/sanitaria chiara.

Il punto fondamentale è questo: o si mette in campo un sistema organizzativo talmente efficiente da monitorare e gestire il virus, tenendo sotto controllo i contagi, od alla fine ci si ritrova con una crescita degli stessi che porta inevitabilmente a lock down più o meno intensi.

Più si riesce a gestire prima, meno si è costretti ad inseguire poi.

La maggiore criticità è stata quella di non sfruttare la tregua estiva per potenziare alcuni settori strategici.

Il primo in assoluto è quello dedicato al tracciamento. Gli stati (extraeuropei) che oggi riescono a convivere meglio con il virus, hanno rafforzato moltissimo, negli scorsi mesi, il sistema del tracciamento, sia con strumenti tecnologici sia con un forte incremento del personale dedicato, che in alcuni casi arriva ad un tracciatore ogni 800 abitanti.

Nella nostra Provincia fino a 3 settimane fa erano 9 (nove) le persone dedicate al trecciamento, poi aumentate a 24 con l’aumento dei casi.

Questi numeri da soli spiegano le ragioni del fatto che il sistema di tracciamento sia completamente saltato in questo momento. Persone molto preparate, ma troppo poche per seguire il complesso iter che va dalla prenotazione dei tamponi, alla ricostruzione della rete dei contatti, alla valutazione di quali sono da considerare a rischio, con l’indicazione di isolamento e le certificazioni conseguenti, fino alla decisione di quarantenare le classi o i luoghi di lavoro. Il tutto mantenendo la comunicazione con le persone coinvolte, ognuna portatrice di una situazione particolare e di una sua emotività.

Altro snodo è l’assistenza domiciliare. Sappiamo che il problema di questo virus è rappresentato da quella piccola percentuale di positivi che presenta sintomi importanti perché possono portare ad un “intasamento ospedaliero”; sappiamo anche che oggi, a differenza che a marzo, ci sono alcune terapie che aiutano i malati. Più si riesce a seguire a domicilio le persone malate, intervenendo presto in caso di sintomi, soprattutto per le persone più a rischio, più si riesce a mantenere sotto controllo gli ospedali. Ci sono ottime persone che oggi forniscono le cure domiciliari, ma anche in questo caso non a sufficienza.

Un altro problema è che la valutazione sulle chiusure dei diversi settori, troppo spesso non si basa su indicazioni epidemiologiche ma solo su valutazioni di “facilità”, ossia si intervieni su quei settori che si riesce a chiudere o limitare senza creare troppe proteste. Ogni chiusura – a Roma come a Trento – dovrebbe basarsi sull’evidenza che in quel settore il rischio di contagio risulta particolarmente elevato alla luce dei riscontri dei mesi passati e non si riesce a definire un’organizzazione sufficiente; diversamente si tornerebbe ai paradossi della fase 1 nella quale si limitavano le passeggiate solitarie.

Un’eccezione positiva è la scelta di un rigore maggiore tra i ragazzi al di sopra dei 15 anni (che peraltro creano meno problemi gestionali alle famiglie), sia perché hanno una vita relazionale maggiore, sia perché è ormai comprovato che sotto ai 14 anni la contagiosità è molto inferiore.

Queste considerazioni non vogliono essere una critica fine a se stessa, ma una valutazione di alcune cose che sono mancate (e che in gran parte erano state indicate già nelle due risoluzioni del consiglio provinciale proposte dalle minoranze in maggio e già citate) e di alcuni inceppamenti del sistema attuale, per consentire alcune proposte immediate di miglioramento.

Tutto ciò premesso, il Consiglio impegna la giunta provinciale a:

1) potenziare immediamente il personale del centro covid, anche attraverso la messa a disposizione di personale amministrativo di supporto per le procedure che non comportano una valutazione sanitaria in senso stretto;

2) potenziare il personale dedicato alle cure domiciliari e il personale delle professioni infermieristiche;

3) coinvolgere nel processo decisionale le professioni, mediche, infermieristiche, non sanitarie, che possono fornire indicazioni molto preziose al decisore politico, anche per ridurre meno possibile i reparti non covid e consentire di curare anche gli altri malati;

4) fondare le scelte relative alle chiusure più possibile su indicazioni epidemiologiche, supportate da riferimenti scientifici, cercando di rafforzare e supportare più possibile l’organizzazione nei diversi settori, al fine di ridurre al minimo le restrizioni;

5) ridurre al minimo i tempi tra tampone rapido e molecolare; in caso di mancato raggiungimento di tale obiettivo, considerare la positività a partire dal tampone rapido, al fine degli adempimenti conseguenti;

6) fornire subito, in caso di positività al test rapido, le comunicazioni sugli adempimenti conseguenti alle persone interessate.

7) comunicare con chiarezza sia le regole di comportamento che devono sempre essere rispettate (mascherine, distanziamento e igiene) sia le regole da rispettare nei diversi settori, sia le procedure e gli adempimenti in caso di positività, anche attraverso apposite campagne informative o materiale dedicato.

Trento, 26 maggio 2020

Avv. Luca Zeni