Come ampiamente riportato dalle recenti cronache la Commissione Europea ha deciso di aprire una indagine formale nei confronti del Trentino, riguardo ad un caso emblematico: la banda larga.
La scelta di puntare su questo tipo di tecnologia è stata largamente condivisa dalla coalizione di governo poiché, alla realizzazione del progetto, saranno molte le possibili applicazioni: avremo un Trentino con meno periferie e più centri, aumenteranno le opportunità di occupazione e migliorerà la qualità dei servizi; l’efficienza dell’apparato amministrativo sarà maggiore ed uno degli elementi di rischio per lo spopolamento della montagna sarà minore, riducendo un pendolarismo oggi ancora elevato.
Se però fino al 2010 la Provincia di Trento, per realizzare tutto questo con velocità, efficienza ed al minor costo, aveva seguito il modello della Svezia (la nazione con la maggior diffusione di fibra ottica, il più alto numero di operatori concorrenti sul mercato ed i prezzi più bassi per i servizi ad alta velocità in Europa) ossia rete di proprietà pubblica affittata agli operatori a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie, in seguito si è scelto di modificare l’impostazione: il territorio trentino é stato diviso in due parti con la parte non remunerativa e destinata ad essere in perdita in capo al pubblico (tramite Trentino Network), e quella remunerativa in capo a Trentino Ngn (società partecipata da Provincia e Telecom).

Se il Pd del Trentino non ha nascosto le proprie perplessità sull’adozione del secondo modello – non per mancanza di convinzione nel progetto banda larga, ma proprio perché il modello originario a nostro avviso avrebbe garantito meglio i cittadini – una volta che la scelta é stata compiuta abbiamo suggerito di perseguire le migliori condizioni contrattuali per la Provincia.

Proprio per evitare un allungamento dei tempi dovuti ad una possibile apertura di una procedura da parte della Commissione Europea, avevamo suggerito in primo luogo la notifica diretta del progetto da parte della Provincia: la Commissione avrebbe così avuto 60 giorni per rispondere, fornendo certezza su tempi e modalità. Il non averlo fatto ci espone oggi a una spada di Damocle, che allunga i tempi creando un danno evidente.

In secondo luogo salta all’occhio la non corrispondenza tra la previsione di una opzione “call” a favore di Telecom – che potrà rilevare l’intera società restituendo il capitale investito alla Provincia a determinate condizioni – e l’assenza di una opzione “put” a favore della Provincia, ossia la possibilità di cedere la società a Telecom qualora l’operazione si rivelasse meno buona del previsto.

Speriamo che alla fine la Commissione europea non blocchi l’intera operazione, il che comporterebbe un danno ingente per il tempo perso, oltre che per i costi di consulenze e ore lavoro impiegate, ma è probabile che vi saranno “semplicemente” alcune prescrizioni che consentiranno al progetto di proseguire con modifiche volte a garantire una maggiore concorrenza.

Da questa vicenda si possono trarre alcune indicazioni generali utili per il futuro: il Trentino saprà essere competitivo e potrà così garantire ai propri abitanti un benessere diffuso solamente se riusciremo a proseguire sulla strada dell’innovazione e dell’apertura, con scelte trasparenti e condivise, sia sulle linee generali sia sull’attuazione di questi principi.

Certo c’é chi preferirebbe modi più spicci, ma noi siamo fiduciosi di come, soprattutto in questi momenti di crisi, le grandi scelte debbano essere il frutto di un percorso condiviso, al fine di poterle effettuare con consapevolezza e saperle realizzare con convinzione.

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