l’Adige 25/10/2015

di Pierangelo Giovanetti

 

luca_zeni.1439450809Un’unica RSA per tutto il Trentino, con la fusione delle case di riposo. L’introduzione di voucher e accreditamenti per i servizi sociali già dall’anno prossimo. Lo spostamento a Mattarello vicino al Not anche degli uffici dell’Azienda sanitaria. Sono queste alcune novità annunciate dal neoassessore alla salute Luca Zeni in una lunga intervista all’Adige, in cui preannuncia anche la riorganizzazione degli ospedali periferici e la riforma dei medici di base, unendoli in presidi sul territorio. 

Assessore Zeni, come mai la sanità trentina ha un costo medio pro capite più alto che nelle altre regioni? Come mai la Provincia di Bolzano è riuscita a diminuire la spesa, ma questa a Trento ha continuato ad aumentare, specie la spesa corrente? Ci sono inefficienze, mala organizzazione, sprechi, eccessiva dispersione di servizi costosi sul territorio?
I conti della sanità trentina sono sotto controllo, c’ è una gestione trasparente, una certificazione di controllo, e siamo gli unici con la Toscana. I costi per alcuni aspetti più elevati sono legati a maggiori servizi, o a una maggiore distribuzione dei servizi sul territorio, e in parte anche a inefficienze. A tal proposito abbiamo deciso nell’ ultima seduta di giunta una riorganizzazione della macchina sanitaria che porti a maggiore snellezza. Quello che ho notato è il rischio di eccessiva burocratizzazione della sanità trentina con una macchina amministrativa che rischia di essere troppo pesante. Per questo è stato dato mandato al direttore generale di program mare entro sei mesi la riorganizzazione. Questo dovrebbe portare almeno ad un milione di euro di risparmi l’ anno e a una maggiore efficacia dell’ azione dell’ apparato.
Il vero risparmio però sarà sulla riorganizzazione della presenza sul territorio.
Prima di parlare della riorganizzazione sul territorio, e indicare qual è il nostro modello, teniamo presenti due aspetti che concorrono alla maggiore spesa standard. Uno il costo del contratto provinciale. I dipendenti della sanità in Trentino guadagnano più che nel resto d’ Italia. Si tratta di 54 milioni di euro in più che questo comporta. La seconda voce di incremento sono le case di riposo, le Rsa, che comportano per il Trentino 50-60 milioni di spesa. Questo perché ne abbiamo di più: 4.500 quando gli standard sarebbero 2500-3000.
Poi la quota pubblica della tariffa è di 69 euro, quando nel resto d’ Italia è di 50 (cioè altrove la casa di riposo costa di più all’ utente). E poi rispetto a Bolzano, questa voce loro la hanno sul capitolo del sociale e non sulla sanità.
La questione delle Rsa, però, è una questione cruciale. C’ è l’ invecchiamento della popolazione.

Dal 2003 al 2013 la percentuale di anziani è aumentata del 18% rispetto al totale della popolazione. Più di 100.000 trentini oggi sono sopra i 65 anni. Questa spesa sarà destinata a crescere. Come pensate di farvi fronte?
Per migliorare il servizio specie in un’ epoca di calo delle risorse, occorre una riorganizzazione che vada ad incidere sulla spesa della macchina. Oggi in Trentino abbiamo 41 case di riposo, 41 consigli d’ amministrazione. Non c’ è centralizzazione degli acquisti. Occorre un intervento radicale.
La mia proposta è di passare dalle 41 case di riposo ad un’ azienda unica, con un unico consiglio d’ amministrazione, un solo direttore generale e dei coordinatori di strutture. Abbiamo calcolato un risparmi di 15 milioni di euro l’ anno.
Dopo i Comuni, la fusione delle case di riposo. Servirà una legge.

Che tempi vi siete dati?
Con il presidente Rossi abbiamo pensato a un disegno di legge regionale che preveda la possibilità di accorpamenti. Si crea un’ unica Azienda provinciale per i servizi alla persona, da realizzarsi entro il 2017 portando il risparmio a regime entro il 2021. Il personale amministrativo in eccesso potrà essere collocato in altre amministrazioni. Avremo un risparmio sugli acquisti, un miglioramento potenziale della gestione del patrimonio, del personale, dei posti letto. In più un’ assistenza medica comune, che vuol dire medici che ruotano nelle varie strutture a seconda della necessità. Inoltre l’ azienda unica ci permette di rendere omogenea la retta alberghiera che oggi è diversa in ogni casa di riposo (anche 10 euro di differenza fra una e l’ altra).
Ci saranno non poche resistenze.

Che fine farà l’ Upipa? E il collegamento con i territori come verrà garantito?
Resistenze ci saranno sicuramente, perché vuol dire doversi rimettere in gioco, sapendo che bisogna trovare il modo di collegamento forte con il territori. Io penso a dei comitati.
Dobbiamo avere l’ obiettivo ben preciso davanti a noi: si tratta di un’ innovazione di sistema,che porta migliori servizi a minori costi. Ora avvieremo un confronto con il territorio, presentando nei dettagli il progetto. Per quanto riguarda l’ Upipa, il ruolo è evidentemente superato. Quindi non serve più.
Sul personale ci sarà battaglia.
Va messo nel conto un ridimensionamento numerico dei direttori e dei dipendenti amministrativi: quelli con contratto a termine non saranno più confermati, mentre per gli amministrativi di ruolo si passerà alla mobilità fra enti pubblici.
Non credo invece si dovrà ridimensionare il personale assistenziale, perché quello è parametrato sulla singola struttura. Si tratta di una riforma importante, ma non è l’ unica che vogliamo attuare. Anche sul sociale bisogna avere idee nuove.

Cosa vuol dire? Come si modificherà l’ organizzazione dei servizi sociali in Trentino?
Per quanto riguarda i servizi sociali classici (quelli per anziani, disabili, non autosufficienti), puntiamo a una riforma complessiva del sistema, passando dal convenziona mento all’ accreditamento. Cosa vuol dire? Che non si provvede a fornire un servizio, ma si affida la persona alla realtà che dimostra di saper prendere in carico chi ha bisogno nell’ interezza delle sue necessità.
Noi oggi abbiamo 900 realtà convenzionate di cui dobbiamo verificare i requisiti organizzativi. In futuro basterà accreditarsi con la Provincia, e poi sarà l’ utente a scegliere ciò di cui ha bisogno attraverso il sistema dei voucher. Insomma, leghiamo l’ accreditamento con il tema dei voucher.

Cosa cambia per l’ utente?
Il nuovo sistema lo sperimenteremo a breve sulla città di Trento. Non ci sarà più l’ assegno, l’ assistenza domiciliare, la consegna dei pasti a domi cilio, organizzati in maniera separata e frammentata. Al centro ci sarà la persona utente (anziano, non autosufficiente, eccetera) con a disposizione il voucher, che sceglierà di utilizzare come meglio crede, optando per il servizio più adatto per lui. In tal modo il sistema dei voucher consentirà anche lo sviluppo di un’ impresa sociale dinamica ed efficiente, per rispondere ai bisogni sociali sempre più differenziati.
Insomma, si affida l’ assistenza ad un unico soggetto che risponde al meglio alla gestione complessiva dell’ utente. Passare a tale sistema vuol dire anche costringere le realtà che si occupano dei vari servizi a rimettersi in gioco, superando la frammentazione con una visione d’ insieme, offrendo un servizio completo. Chi ha maggiore capacità di innovazione e di efficienza, verrà premiato.
La regia resta pubblica che garantisce la valutazione della capacità dell’ intervento.

Come avverrà la valutazione dei costi, e dei livelli di erogazione del servizio? Verrà utilizzata l’ Icef per tutti?
L’ Icef sarà il riferimento per tutti gli interventi fatti dall’ ente pubblico, e per l’ erogazione di servizi, evitando però che vi sia un accumulo di servizi sotto una certa fascia di reddito e nulla sopra. Occorre una gradualità per evitare il rischio di assistenzialismo, altrimenti chi è sotto una certa fascia non fa nulla perché gli è dato tutto come garantito.

Che tempi vi siete dati per far entrare a regime il nuovo sistema?
Basta solo attuare la legge del 2007, che è rimasta in parte disattuata. Procederemo con entrambe le cose, sia l’ accreditamento che i voucher, entro il 2016. L’ obiettivo è di favorire una maggiore imprenditorialità sociale, dentro un sistema integrato non lasciato solo al mercato, con regia pubblica e accompagnamento nella scelta dei soggetti più fragili. In più è anche una questione di revisione e equità della spesa. Oggi abbiamo realtà (Onlus, cooperative) che per lo stesso servizio percepiscono alcuni 145 euro al giorno, altri 75, perché storicamente si è sempre fatto così. Noi dobbiamo garantire standard minimi per tutti, poi se si vuole un livello più alto ci deve essere una compartecipazione dell’ utente.

A proposito di sociale, oggi nel campo dei servizi sociali le Comunità di valle giocano un ruolo non indifferente. Ogni anno gestiscono 100 milioni di euro: come sta andando il servizio? Avete già svolto delle verifiche?
Sicuramente le Comunità sono vicine al territorio e quindi utili nella lettura del bisogno, ma è necessario una verifica da parte della Provincia sia dell’ impostazione che della realizzazione. Io vedo il rischio di una eccessiva frammentazione (che genera disequità). Occorre ribilanciare un po’, rias segnando alla Provincia un maggiore coordinamento e una regia unitaria, rispetto a quanto è stato fatto finora.
Passiamo alla riorganizzazione della rete ospedaliera. Oggi la sanità trentina costa 70 milioni in più per la distribuzione sul territorio. E molto spesso gli ospedali di vallata non sono nemmeno frequentati dagli utenti di zona che preferiscono andare a farsi curare nell’ ospedale di Trento o di Rovereto.
La riorganizzazione è necessaria non solo per risparmiare costi, ma per offrire migliore servizio. Avere sette ospedali che sono in piccolo sette S.Chiara non è un problema di costi, è un problema di inefficienza, di peggiore qualità del servizio.
L’ ospedale di valle non può avere la risposta alla totalità dei bisogni, sarà il Not il cuore della sanità trentina per i prossimi 40 anni. Lì si concentrerà tutta l’ urgenza, la disciplinarietà, la casistica e la specialità, e la risposta alle problematiche di altissima specializzazione. Per questo occorre accelerare nella costruzione. Tra il resto il S.Chiara ci costa 13 milioni l’ anno di manutenzione.

Discussion - 2 Comments
  1. Michele Balsamo

    Oct 26, 2015  at 07:59

    Bravo Luca,
    questo significa applicare seriamente il concetto di equità nell’accesso ai servizi alla persona. L’ottimizzazione delle risorse passa necessariamente attraverso l’accorpamento degli enti e la centralizzazione degli acquisti di beni e servizi. Se la gestione delle 41 RSA sarà garantita da un unico governo centrale, una sorta di Area Vasta, si realizzerà un sistema universalistico atto a garantire il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini, anche dei più fragili. Per non dire che la filiera gestionale sarà più funzionale per garantire, senza duplicazioni, l’interlocuzione continua tra il management e chi deve assicurare l’assistenza sociosanitaria.
    Inoltre, per quanto attiene alla medicina del territorio, le Aggregazioni Funzionali Territoriali garantiranno l’assistenza continuativa 7 giorni su 7 intercettando i bisogni sanitari della popolazione andando così a contrastare l’inappropriato ricorso al Pronto Soccorso. Non dimentichiamo la Sanità d’Iniziativa con il compito di applicare il modello di assistenza ai pazienti affetti da patologie croniche secondo il Chronic Care Model, E’ necessario incrementare i servizi di assistenza domiciliare per garantire l’erogazione delle cure al proprio domicilio. Servizio infermieristico, riabilitazione motoria, logopedica, respiratoria, valutazioni specialistiche, cure tutelari e altri servizi utili a far permanere la persona a casa propria, con tutti i benefici che questo ne comporta, l’umanizzazione delle cure.
    Infatti l’UVM valuterà i bisogni socio-sanitari e garantirà l’appropriatezza degli interventi erogati personalizzando continuamente il PAP, Piano Assistenziale Personalizzato, le azioni di cura e l’assistenza del cittadino.
    La riorganizzazione degli ospedali secondo il modello hub e spoke garantirà la rete ospedaliera sul territorio. Un HUB sempre più specialistico e degli spoke per le specialità necessarie.
    Ma permettimi di parlare di quella innovazione rappresentata dalle Cure Intermedie, come ad esempio l’ospedale di comunità gestito dai MMG/PLS che garantisce una rapida risposta al bisogno complesso, sia a pazienti in dimissione difficile dai reparti per acuti (adesso in Toscana si parla di setting assistenziali), sia a pazienti provenienti dal proprio domicilio al fine di poter evitare un ricovero ospedaliero improrpio per problematiche sanitarie e sociali non altrimenti risolvibili presso il domicilio dell’assistito. Tutto questo permette di rispondere a bisogni complessi evitando ricoveri impropri e riducendo la durata della degenza.
    Buon lavoro Luca, ciao e grazie per l’opportunità

    Michele Balsamo

  2. Daniele

    Nov 04, 2015  at 07:59

    Bravissimo assessore
    Questa è sicuramente la strada giusta per mantenere un servizio di ottimo livello con meno risorse. Credo che all’utente non avere un direttore o un presidente in sede poco cambi. Cambia invece il risparmio di 80000 euro annui ( stando stretto) per il pagamento delle predette figure.

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