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Nell’ottobre del 2006 ho candidato alla segreteria della Civica Margherita. È stata un’esperienza molto coinvolgente, con assemblee in tutto il territorio provinciale, centinaia di persone incontrate. Ho potuto confrontarmi sui tanti temi che tocca la politica, e discutere del miglior modo di incidere per chi vuole contribuire a costruire un Trentino migliore.

Riporto sotto

- la relazione congressuale;

- la tesi congressuale.

Visita il blog:

http://alcuoredeitrentini.blogspot.com/

 

Intervento al IV Congresso provinciale della Margherita

Ottobre 2006

di Luca Zeni

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INTRODUZIONE

Un saluto a tutti i presenti, agli iscritti, ai simpatizzanti della Margherita, ai membri dell’esecutivo provinciale e al suo Presidente, ai consiglieri provinciali, ai rappresentanti dei Comuni trentini eletti nella Margherita, ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ai leader degli altri partiti che ci fanno l’onore della loro attenzione oggi.

Un saluto e un ringraziamento a chi oggi ci segue sul fronte dei media per raccontare e commentare questo importante passaggio per la Margherita e – conseguentemente – per il Trentino.

Ma lasciatemi rivolgere un saluto e un ringraziamento del tutto particolare a voi tutti. A voi che – in una giornata festiva, giustamente dedicata al riposo e alla famiglia, avete deciso di essere qui, magari arrivando anche da lontano. A voi che avete deciso di partecipare e di esserci, per ascoltare e infine per esprimere, liberamente e con responsabilità, la vostra preferenza.

Se la Margherita è quello che è, lo si deve in gran parte alla vostra dedizione, alla vostra passione, alla vostra voglia di partecipare: sono infatti gli iscritti e gli elettori, prima ancora che i dirigenti e gli eletti, il nervo della Margherita, il suo cuore pulsante.

Siete voi che con passione e responsabilità avete costruito e costruite la rete su cui noi poggiamo la nostra esperienza di governo nelle istituzioni, la nostra elaborazione culturale, la costruzione delle speranze e della visione di futuro che intendiamo proporre per restituire fiducia alla nostra comunità.

Il vostro esserci ci dice una cosa eloquente: voi volete che la Margherita cresca. Noi tutti lo vogliamo. Non è un semplice attaccamento alla “maglia”, come si direbbe in termini calcistici: in politica non sono i partiti a vincere o perdere, ma la comunità intera. Noi vogliamo che la Margherita cresca per far crescere tutto il Trentino. Ci sta a cuore il destino della Margherita perché è il Trentino – la sua gente, questa terra, il suo futuro – che ci sta a cuore.

Come ottenere tutto questo? Voi stessi, in queste ultime settimane, nei numerosi incontri che abbiamo avuto sul territorio, ma anche nelle tante attestazioni di fiducia e di stima che mi sono pervenute, avete fornito la risposta: per crescere bisogna cambiare marcia.

La mia candidatura nasce proprio da qui: di questa necessità io mi farò portavoce e interprete, mi metterò al servizio di questo bisogno di ritrovare quello spirito originario della Margherita, che viene così fortemente invocato da tutti.

Questo è quello che ho definito come l’esigenza di favorire l’imminente arrivo di una nuova primavera per la Margherita, in grado di assorbire le energie diffuse di cui è capace il Trentino e di sviluppare il desiderio di partecipazione.

Questo Congresso deve perciò rappresentare un punto di partenza, e non un punto di arrivo, se vogliamo vincere le sfide future che la Margherita sarà chiamata ad affrontare nei prossimi anni.

Se mi consentite una sintesi estrema di quanto è emerso in tutte queste settimane, nei vari dibattiti, incontri, nelle tante lettere che mi sono arrivate, questa potrebbe essere la formula finale: vogliamo che il partito cresca, per il Trentino; per farlo è necessario cambiare marcia, solo così sarà possibile vincere le prossime sfide.

 

GLI ELEMENTI PER CRESCERE

Se questa è, per così dire, la “formula” che voi stessi mi avete suggerito con molta convinzione nelle ultime settimane, e che io ho inserito nella mia tesi, vediamo dunque di capire quali possono essere le conseguenze sul piano pratico, operativo, di tutto questo.

Cominciamo dall’idea di “crescita”.

Dietro a questo concetto c’è il grande orgoglio che noi tutti proviamo per la Margherita. La mente e il cuore vanno inevitabilmente al suo esordio sulla scena politica, a un periodo – il 1998 – che è e resta nella storia politica trentina. Crescere significa ritornare a quello slancio, a quella passione, a quell’entusiasmo per fare grande la Margherita, per farla maturare, per farla passare dalla fase pionieristica degli esordi a una sua piena maturazione.

Crescere significa dunque allargare il numero dei rappresentanti e dei tesserati, ma significa anche e soprattutto una crescita in termini di progettualità, di idee, di visioni per il futuro, di passioni. E’ un movimento verso l’alto, il proseguimento ideale di quella tensione a farsi davvero interpreti delle esigenze e del comune sentire dei trentini, che fu il tratto distintivo – e vincente – della prima Margherita trentina.

Forse, è proprio il nostro essere terra di frontiera che ci porta a guardare sempre al di là, a non accontentarci dei risultati ottenuti ma a puntare a far crescere, insieme, la nostra comunità.

Abbiamo bisogno di un grande rinnovamento delle idee, dei linguaggi, della nostra visione di futuro. Guai a noi…. se riducessimo il nostro agire tra la gente a ricerca del voto o del consenso personale, passivamente raccolto.

Sono 3 i momenti che devono costituire una politica equilibrata: dialogo, pensiero e azione.

Il primo momento è dato dall’ascolto, dalla discussione, dal confronto, rappresenta il collegamento con la realtà concreta delle persone, che sono il fine ultimo dell’agire politico: se non si riesce a parlare con loro, la politica diventa astratto esercizio sofistico.

Il secondo momento è il pensiero. La politica, se non vuole ridursi ad un populismo demagogico, deve essere in grado di interpretare i bisogni della società e indicare una direzione, una stella polare che segni il percorso. In momenti in cui mancano punti di riferimento deve saper essere anche guida morale.

Le risposte concrete alle esigenze dei cittadini, seguendo le indicazioni che l’elaborazione culturale e politica hanno tracciato, spettano infine alla amministrazione. L’Amministrazione, infatti, è fondamentale perché la politica non sia vuota, ma al tempo stesso non è sufficiente da sola. Ha bisogno di quella elaborazione ideale che solo i partiti possono fare.

Diversamente essa diventa fine a se stessa.

I partiti hanno soprattutto una funzione di interpretazione della realtà, di illustrazione del quadro complessivo, di sintesi rispetto alla complessità, di rilancio progettuale. I partiti devono tornare ad essere anche i missionari di una grande pedagogia civile per il nostro Trentino: c’è bisogno di senso di responsabilità e di un sentimento etico diffuso. Dobbiamo tornare a sognare, ad essere visionari di futuro.

È in fondo questa la lezione di un nostro padre nobile, Aldo Moro, che già nel 1964 parlava di rinnovamento per una democrazia integrale, ancorando l’esigenza di un forte collegamento tra la società e le decisioni dell’amministrazione ad un rinnovato ruolo per i partiti.

Per questo, oggi, dobbiamo lavorare insieme per riequilibrare un assetto che risulta sbilanciato sull’amministrazione.

La crisi dei partiti degli anni ’90, quella crisi che ha portato alla nascita della Margherita, richiedeva stabilità di governo per uscire da una frammentazione che immobilizzava il Trentino.

La Margherita è riuscita a fornire la risposta, facendo ripartire la nostra comunità con riforme che si attendevano da decenni.

Oggi è però venuto il tempo di un riequilibrio che permetta di rispondere a quel richiamo che la comunità degli iscritti e i cittadini ci stanno lanciando. Essi ci dicono che vogliono esserci, vogliono prendersi cura delle cose, vogliono fare politica, vogliono dire la loro.

Se sarò eletto coordinatore, quello che voglio iniziare a costruire da domani è un laboratorio permanente di innovazione politico culturale. Dobbiamo trasformare la Margherita in qualcosa di simile ad una bottega artigiana, ad una fucina di nuovi brevetti ideali: dobbiamo riprendere a produrre idee, contenuti, spunti, indicazioni, progetti.

Ebbene, il mio primo impegno da domani sarà questo: aprire le porte, accendere le luci e sostituire le pareti della nostra casa con vetri trasparenti e luminosi, per riattivare i motori di una grande speranza, covata a lungo dentro di noi, e che ora ha possibilità di trovare un nuovo impulso.

Lo faremo nel modo indicato dai tantissimi iscritti con i quali abbiamo discusso nelle ultime settimane sul territorio: ossia, attraverso una forte e diffusa mobilitazione. Voglio che si dica della Margherita di domani che è il luogo in cui si dibatte di futuro più che in ogni altra sede in Trentino.

Voglio che vi siano persone che un giorno mi dicano di esser nauseate per la troppa discussione: voglio guardare loro negli occhi e dire che soltanto così restituiamo senso ed onore alla democrazia.

Certo, mi si dirà che democrazia è anche decidere. Giustissimo, lo condivido, l’ho chiarito un attimo fa. Ma per quello – per trasformare i dibattiti e gli approfondimenti in decisioni – ci sono gli eletti, gli amministratori. A loro spetta di decidere, di rispondere ai cittadini alla fine del loro mandato per quanto si è fatto. A chi vive il partito, spetta invece di indicare, di indirizzare, di elaborare, di creare consenso attorno a decisioni ponderate in quanto partecipate.

Non c’è decisione infatti che abbia futuro se non si è creato attorno alla stessa una forte mobilitazione di intenti, una forte condivisione di finalità e speranze.

Da domani, se avrò l’onore di essere il nuovo coordinatore, apriremo un confronto a tutto campo con le forze sociali, con il mondo dell’economia, con l’associazionismo culturale e il volontariato. Con gli amici degli altri partiti della coalizione.

Ciò, nella convinzione che dialogo e confronto con i settori vitali della comunità sono garanzia per lo sviluppo di una democrazia reale e non solo delle rappresentanze.

Questa è la Margherita che ho in mente. Un partito aperto al confronto, nel senso che assume su di sé il compito di attivare azioni di formazione e di comunicazione diffuse su tutto il territorio, affinché ogni trentino riacquisti fiducia e possieda quelle conoscenze e competenze necessarie ad assumere responsabilità all’interno della comunità.

Si tratta di creare una nuova sinergia fra società civile, istituzioni e politica, elemento essenziale per lo sviluppo democratico di una comunità. In questo quadro, non va dimenticata l’urgenza di far crescere una classe dirigente per il futuro, in grado di essere competente, democratica, capace di interpretare i bisogni della gente, ma anche di accompagnarla ad imboccare le strade dell’innovazione.

In questo quadro, dico a me stesso prima che a tutti voi, che non saremo davvero partito sino a quando – almeno tendenzialmente – non saremo tutti essenziali alla vita della Margherita, capaci di lavorare insieme. Solo così diventeremo partito, ossia “parte” nel significato sturziano del termine, solo così nessuno tra noi sarà più autosufficiente e potrà muoversi secondo logiche meramente personalistiche.

L’obiettivo finale è far crescere la Margherita per far crescere il Trentino; per riuscire è necessario togliere la Margherita dal vaso e riportarla nel prato, ritrovando il suo spirito originario sino in fondo.

Non possiamo essere prigionieri dei nostri dubbi o schiavi delle nostre etichette: …è venuto il tempo di intraprendere una strada coraggiosa, di assumersi la responsabilità di voltare una pagina per aprirne un’altra tutta da scrivere.

Una pagina scritta a molte mani, perché la penna l’avrà in mano la Margherita, tutta insieme, in un libero e democratico concorrere a progetti e successi comuni.

Il Trentino merita una Margherita così: coraggiosa, audace, autorevole perché capace di proporre ciò che altri non hanno neppure saputo immaginare.

Nei prossimi anni ci attendono sfide importanti: i rapporti con gli alleati di governo e la difficile fase di preparazione alle elezioni del 2008, il dialogo con Bolzano e con Roma, la fase costituente di un nuovo soggetto politico del centro sinistra.

Per cominciare a ragionare di un nuovo soggetto politico, e per governare il processo, prima dobbiamo confrontarci con la gente, partendo da noi stessi. Partiamo dalla nostra identità, ma sapendo che non consiste in ciò che ci differenzia dall’altro.

L’identità è invece ciò che ci mette in stretta relazione con tutti gli altri, una relazione costitutiva. Affrontiamo quanto ci attende ripartendo da quanto di più profondo caratterizza la nostra visione della vita prima ancora che della politica, e cioè l’essere relazionale dell’uomo. Ripartiamo dalla tradizione cattolico democratica, che sappiamo non confondere la verità con la certezza: l’ossessione della certezza ci ha trascinati nella paranoia della sicurezza.

E’ proprio qui che il nostro essere “di centro”, il nostro essere eredi nobili della tradizione cattolico democratica ritrova un senso che va oltre il mero richiamo alla storia dei Padri.

Il centro è dialogo, è coraggio e responsabilità, il centro è rifiuto di ideologismi, è relazionalità. E’ equilibrio, perché è seria ponderazione dei problemi e delle strategie.

Il centro non è una posizione geometrica equidistante dagli estremi o galleggiante negli stagni stantii del potere, ma ricerca del bene comune nel rispetto della dignità della persona.

Le nuove generazioni – come hanno dimostrato anche gli eventi più recenti come il Festival dell’Economia – siano esse della città o delle valli, credono nell’equilibrio, nella razionalità delle scelte e sono stanche del suono fastidioso delle decine di partiti diversi, ognuno concentrato solo a difendere a priori la propria linea, pregiudizialmente distinta e differenziata dalle altre. Il che non vuol dire sterilità o assenza di passione, ma soltanto rifiuto dei contrasti ideologici e strumentali, della polemica fine a se stessa, di ogni forma di relativismo e di dogmatismo al contempo.

Il futuro è di centro e al centro, in quanto è costruito sul dialogo, nell’equilibrio e nell’aprirsi ed incontrare l’altro, nel costruire insieme le sorti della comunità.

Tutto questo costituisce lo sfondo di idealità e di valori – i nostri “paletti” spirituali – su cui innestare la questione della nascita di un nuovo soggetto politico.

Il percorso è ormai segnato, di questo sono personalmente molto convinto. Ma la nuova “creatura” dovrà essere in grado di andare oltre i vecchi schemi ideologici del Novecento.

In tutta onestà lasciatemi dire che avverto, sia nelle ragioni di chi si oppone, sia nelle motivazioni addotte dai sostenitori, un certo logorio ideale.

Si è parlato troppo di etichette, di sigle, mai nessuno ha avviato un serio approfondimento sui contenuti, sui progetti, meglio ancora sugli ideali che la contemporaneità si attende ed anzi esige.

Quando un nuovo soggetto politico nascerà, sarà perché un processo popolare – graduale ma deciso – lo avrà determinato: l’ho detto nella tesi, lo ribadisco ora.

Non si sposeranno mai ipotesi di partiti nati allo stesso modo in cui nascono e si costituiscono le società per azioni. Non ci saranno soci di maggioranza, né amministratori delegati di diritto, né consigli di amministrazione determinati dalle consistenze elettorali.

E’ il popolo che decide la formazione dei partiti e la loro affermazione: dobbiamo dircelo a chiare lettere, perché sull’esterno abbiamo dato la fondata impressione di esserci dimenticati questo passaggio.

Alla classe dirigente, a chi ha il coraggio di osare e di avanzare lo spunto iniziale, è chiesto di intraprendere il percorso, di guidarlo, di aiutarlo. Ma non si inventano i partiti nelle stanze del potere.

Se dunque riusciremo a cogliere la sfida che ci impone il tempo in cui viviamo, avvieremo insieme un percorso culturale – prima ancora che politico – di confronto e di approfondimento sui contenuti che un nuovo soggetto politico deve o dovrebbe interpretare, attorno ai valori che ci rendono alternativi alle destre e ai radicalismi della sinistra antagonista: la solidarietà, l’equità, la giustizia sociale, l’attenzione per i più deboli, l’apertura esigente verso i cittadini stranieri, la competitività, la meritocrazia, la trasparenza, il comportamento libero e democratico che connota l’impegno politico.

Saremo però noi, insieme ai nostri iscritti e con la gente che vorrà unirsi ad un grande processo di partecipazione dal basso, a costruire le condizioni per andare oltre – e i metodi per costruire il nuovo. Senza pregiudiziali su chi, liberamente, vorrà aderire al percorso che costruiremo. Fin da quando è nata, la Margherita aveva nel suo dna la propensione a non fermarsi, ad essere “cammino”, non traguardo ma tappa di un percorso più ambizioso.

Un’altra cosa però che mi sento di dire, in tutta sincerità è questo: non lo chiameremo mai “partito democratico”.

Questo nome è già vecchio, e poi se vogliamo distinguerci davvero e non essere la sezione trentina del partito di Prodi o di Rutelli, dobbiamo essere originali anche nelle denominazioni.

Dunque, apriamo subito un tavolo con tutti gli alleati trentini del centrosinistra per la costruzione di un percorso di avvicinamento condiviso.

Se la storia ci chiede di giungere ad un nuovo soggetto politico non saranno certamente le motivazioni contingenti a impedirlo.

Il Trentino ha bisogno di progresso, di innovazione e di nuovo slancio e se questo potrà esser meglio garantito da un nuovo soggetto politico unitario ben venga un nuovo soggetto popolare, democratico, riformista e autonomista.

E’ il Trentino il nostro riferimento. Dei problemi di tizio o di caio a candidare nella stessa lista con sempronio, non mi interesso. E’ ora e tempo che ciascuno si assuma la propria responsabilità.

Detto questo, in tutta sincerità, non credo che la soluzione risieda in accelerazioni irresponsabili, che non tengano conto dei partiti, e che rischiano solo di moltiplicare, anziché diminuire, le liste elettorali.

Ma non sta nemmeno nel lasciare che i processi si arenino per inerzia. Giunti a questo punto, ribadisco quanto detto in queste settimane: occorre ripartire, aprire un dibattito capillare, coinvolgere quella base che da sempre ci chiede una semplificazione del quadro politico, che ci chiede di superare le sterili litigiosità, per occuparci con responsabilità dei problemi veri della nostra comunità, senza scadenze, senza obiettivi definiti, aperti ad ogni soluzione.

Nelle scorse settimane, sulle pagine dei giornali abbiamo assistito ad un’ accelerazione degli amici DS sul Partito Democratico.

La forma e i metodi della loro proposta probabilmente sono stati sbagliati, ma condivido l’esigenza di non stare passivamente a guardare.

Mi chiedo infatti che faremmo noi a Trento, se a Roma davvero nascesse il Partito democratico e ciò accadesse proprio nel 2008, quando qui ci si prepara a nuove elezioni! Non possiamo consentire di farci trovare impreparati e fermi.

Ma al contempo, gli amici dei DS non possono credere che la Margherita possa accettare di entrare in alcun nuovo soggetto politico predefinito, perché – al contrario – ne governerà, insieme agli altri, la nascita e la crescita.

Tuttavia – come detto – prendo quanto in corso di discussione nei DS come uno stimolo per iniziare un percorso nuovo.

Detto questo, cioè definita la diagnosi, in molti si fermano. Occorre subito una prognosi e quindi una proposta: apriamo subito in Trentino un tavolo di lavoro, composto da esponenti di Margherita, DS, socialisti, autonomisti, esponenti della comunità accademica ed economica locale, dell’associazionismo, dei mondi vitali del Trentino.

Un tavolo aperto anche alla gente che intende partecipare, anche a coloro che sono vicini ai valori della Margherita ma oggi sono dall’altra parte. Dobbiamo chiamare a raccolta il Trentino che vuole pensare al futuro, nelle sue plurali componenti. Basta difensivismi, paure, tatticismi.

Fissiamo una sorta di itinerario programmato di questi lavori e chiediamo a questo Tavolo di elaborare e presentare un nuovo Manifesto politico e culturale che parli al Trentino del 2020: un Trentino – come detto – che immaginiamo più democratico, saldamente autonomista, fortemente solidale.

Un’idea percorribile potrebbe essere quella di mettere in rete le esperienze che nasceranno nelle realtà a forte autonomia come la nostra. Penso quindi ad un rapporto più stretto con gli autonomisti, i DS e la Margherita della Val d’Aosta della Sardegna e del Friuli, in un’ottica federata e originale con il nascente Partito Democratico di Romano Prodi.

La legge elettorale non agevola il percorso, ma non è un motivo sufficiente per rinviare all’infinito un cammino che deve essere iniziato subito.

La nuova forza politica dovrà porsi al centro del quadro politico, insieme al mondo autonomista e alla sinistra riformista. Lo ho fatto Tony Blair in Inghilterra, sdoganando il Labour sulle posizioni più moderne del NEW LABOUR.

Lo dobbiamo fare, parlando in primo luogo con linguaggi innovativi, liberi dagli schemi tradizionali. Il Trentino non sarà altrimenti per sempre un’isola felice.

Il centrosinistra al governo del Paese ha perso il nord: la questione politica centrale è il settentrione d’Italia, che produce la grande maggioranza del PIL di questo Paese.

Se saremo capaci di costruire subito un nuovo rapporto di fiducia con il Trentino non saremo travolti da quest’onda lunga di incomprensione, altrimenti saremo coinvolti appieno nel 2008. Per riuscirci dovremo tornare a far comprendere che è possibile costruire una società dove sviluppo e solidarietà, infrastrutture e ambiente, siano in equilibrio e vadano assieme. Un’economia sana è anzi il presupposto per una società solidale.

Quanto detto si riflette anche sulla natura dei rapporti con la coalizione, con gli alleati, che riteniamo debbano essere orientati alla collaborazione, ad una dinamica convergenza sui grandi snodi strategici che ci attendono, politicamente ed istituzionalmente.

Ad un rapporto, insomma, che non perda di vista le ragioni dell’alleanza che sorreggono il progetto di lungo periodo pensato nel 2003 per il bene della nostra comunità trentina.

Se le condizioni per un nuovo e più ampio soggetto politico non matureranno prima del 2008, sarà dovere e impegno della futura classe dirigente della Margherita non perdere di vista, che il progetto culturale di una diversa configurazione dei rapporti politici è inserito nella storia del Trentino dei prossimi anni e va oltre la mera scadenza del 2008.

Veniamo ora al tema dei rapporti con il governo provinciale.

La Margherita – se avrò l’onore di guidarla – si porrà nei confronti del governo provinciale quale interlocutore esigente ed attento. Chiederemo con insistenza due grandi cose a Dellai e alla sua giunta.

La prima consiste nel dedicare energie e risorse al grande tema dell’accrescimento della qualità del sapere, del coesistere e dell’essere in Trentino. In questo indirizzo sta tutto il grande tema della riforma del sistema integrato delle politiche e dei servizi dedicati alla cura e alla tutela del benessere sociale.

Non porteremo a casa un bilancio di legislatura completo nel 2008 se non avremo approvato una serie di interventi mirati all’aggiornamento dei nostri strumenti legislativi in materia di politiche ed attività sociali, di welfare, di assistenza.

La seconda grande direttiva consiste nella richiesta di accelerare ed investire nel settore della tutela, della cura e dello sviluppo del nostro territorio. La Margherita deve lavorare perché il Trentino diventi un modello avanzato da imitare per un governo del territorio di montagna che sia sostenibile, attento a non intaccare le risorse naturali scarse ma al tempo stesso capace di favorire lo sviluppo sostenuto della sua economia.

In questo quadro, grande energia dovrà essere spesa per il nuovo Piano Urbanistico, per la nuova legge riguardante la gestione del territorio montano e protetto, e per la legislazione in materia urbanistica. Su questo crinale ci giochiamo una sfida enorme: dovremo essere capaci di garantire equilibri avanzati tra gli interessi in campo, pensando al Trentino che vogliamo da qui a 50 anni e forse oltre.

Secondo me la sfida risiede in questo: fare leva sulla nostra Autonomia, per realizzare in Trentino il contesto economico e sociale in Europa più avanzato nell’arco alpino.

Diventiamo leader e guida di un progetto che consenta di mettere attorno ad un tavolo tutti i soggetti portatori di interessi e di valori in Trentino, per definire una sorta di percorso a tappe che consenta alla nostra Autonomia di diventare la comunità alpina più competitiva dell’arco alpino europeo.

Il Trentino, le sue imprese, le istituzioni della formazione e della ricerca, i mondi agricoli e artigianali, il settore del turismo, le istituzioni pubbliche, hanno bisogno di sentirsi protagonisti di un grande progetto e di una missione storica: arrivare, entro il 2013 ad essere, il luogo in cui si gode di uno sviluppo economico reale forte, basato sulle nuove tecnologie e sulla valorizzazione delle tradizioni produttive locali.

Guardate che ce la possiamo fare! Possiamo fare sintesi fra sviluppo economico ed equità sociale. Chi l’ha detto che il tema dello sviluppo e dell’impresa appartiene soltanto a un determinato schieramento politico o ideologico? Guardiamo all’esempio di un Paese come la Finlandia, al caso emblematico di un’impresa come la Nokia e alla capacità che quel Paese ha espresso in termini di rilancio dell’economia e garantendo al tempo stesso alti salari, alta qualità del lavoro, alta qualità della vita.

Questo è quello che vorrei per il Trentino. Un luogo in cui turismo, produzione di beni e servizi, produzione culturale, ricerca del benessere sociale, siano inseriti in una grande strategia globale di rilancio della nostra Autonomia come condizione per conquistare un obiettivo talmente ambizioso da sembrare lontanissimo, ma talmente affascinante da cementare una comunità attorno ad un sogno di futuro!

Quello che voglio per la Margherita, è che essa inizi un percorso che la porti ad essere protagonista della realizzazione di questo grande progetto di futuro.

Quella strategia, questa battaglia per un Trentino dell’eccellenza, sarà la nostra grande battaglia politica. Sarà l’amalgama che cementerà un nuovo progetto di governo dell’Autonomia dopo il 2008.

 

CONCLUSIONI

Mi avvio alla conclusione, rassicurando tutti coloro i quali intendono accostarsi ad una nuova fase della Margherita su un punto: ciascuno di voi avrà la possibilità di rispondere a quel suo intimo desiderio di impegno, all’interno di un quadro di valori che ponga al centro la Persona come tale, la sua dignità e la sua dimensione comunitaria.

- Se penso alla tradizione del popolarismo, con la forte centralità nei valori della Persona, della famiglia e delle comunità originarie;

- se penso alla tradizione liberale e democratica, che scommette sull’autonomia e sul protagonismo del soggetto;

- se penso alla sensibilità sociale e democratica, che si fa carico dell’effettività e dell’universalità dei diritti di cittadinanza;

- se penso alla tradizione autonomistica e civica, espressione della capacità di autogoverno di una comunità aperta e solidale, ma al contempo custode della propria identità;

EBBENE – se penso a tutto questo, mi accorgo che ciò è dentro di noi, nel nostro DNA. Ecco perché vi dico con sincerità che sono convinto che ce la possiamo fare.

Come affermava lucidamente Aldo Moro, “la politica dev’essere direzione di una società in continuo movimento, da governare alla luce dei nostri valori di fondo, per allargare progressivamente la partecipazione popolare e consolidare il sistema democratico.

Guai a non muoversi con le cose che si muovono !! Ma guai a recidere le radici che affondano nel nostro passato e nel nostro patrimonio ideale”.

Dobbiamo allora far crescere la nostra comunità attorno a queste coordinate, così da sviluppare per il Trentino gli anticorpi ad una deriva forza-leghista, che può arrivare anche in Trentino, se non saremo capaci di vivere ogni giorno la nostra autonomia come apertura solidale al nuovo – evitando qualsiasi retroguardia o qualsiasi chiusura localistica.

Siamo sulla buona strada dunque. Un risultato la Margherita l’ha già conquistato. Fino a pochi mesi fa alcuni ancora storcevano il naso di fronte a un termine come “partecipazione”: oggi questo concetto è divenuto patrimonio comune.

Ora la Margherita trentina deve ritornare a svolgere un ruolo da protagonista autorevole e vincente, non solo per se stessa, ma per tutto il Trentino. Ce lo chiedete voi stessi, e lo fate con una semplicità e una chiarezza che non possono indurci a sbagliare direzione.

Siete voi a chiedere alla Margherita trentina di crescere.

Siete voi a indicarci, per ottenere questo, la strada di un cambiamento. Siete voi a dirci che solo così, potremo vincere, tutti assieme, per far vincere il Trentino.

Il nostro percorso non dev’essere diverso dal nostro fine, ovvero una politica compiutamente democratica.

Per questo oggi, si conclude un dibattito di due mesi, e voi tutti, consapevolmente, potrete scegliere il vostro – anzi il NOSTRO (!) – coordinatore.

In fondo è per questo che mi sono battuto. In fondo è per questo che io credo si possa dire che è giunto davvero il momento di tornare al CUORE DEI TRENTINI.

Vi ringrazio e buon lavoro!

 

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La Tesi congressuale

 

a sostegno della candidatura

a coordinatore provinciale, 2006

Congresso provinciale 2006 della Civica Margherita per il governo del Trentino

 

Tesi congressuale a sostegno della candidatura

 

a Coordinatore Provinciale di Luca Zeni

“La politica è polis, società, tribù;

non è la professione di alcuni specialisti,

ma una dimensione della vita stessa dell’uomo sulla terra,

perché l’uomo, la vita, la realtà sono relazionali”

Raimond Panikkar

 

Torniamo al cuore dei trentini

VERSO IL 2008 TRA DISCONTINUITÀ ED EVOLUZIONE

 

Vi sarebbero centinaia di modi per introdurre una tesi congressuale, ma è opportuno partire da un dato essenziale quanto apparentemente scontato: la Margherita, al pari di qualsivoglia partito, è uno strumento, non un fine.

Siamo nati nel 1998 per realizzare un progetto di rinnovamento del Trentino, e la Margherita è stata – ed è ancora – un’insieme di energie personali, di idee, di passioni, di contenuti e di progetti che mira all’accrescimento del benessere della comunità che rappresenta.

La Margherita è – ed ha un senso solo se è – strumento di una rappresentanza democratica esigente; non può cioè – in alcun modo – essere depositaria di deleghe in bianco.

La Margherita è teatro di responsabilità ed impegno, è rete e tessuto di valori incarnati, di volta in volta, nella concretezza del quotidiano amministrare, è spazio di confronto e di progressiva costruzione di idee e consenso, è segno e senso di un solidale e responsabile impegno per la cura dei beni comuni, è percorso ed è veicolo rispetto ad un fine sociale, fortemente distinto dalle finalità individuali che ciascuno dei suoi protagonisti si pone.

E’ generosità e impegno, è concretezza e idealità insieme, è al tempo stesso capacità di leadership e ascolto rispettoso dei cittadini e delle loro esigenze, è comune appartenenza alla storia di una comunità che si fa, che fluisce, che si immagina il proprio futuro giorno dopo giorno, e che per ciò stesso lo costruisce.

La Margherita è ed esiste se è tutto questo e molto altro ancora. Altrimenti non è; per questo o si cambia o si affonda. Per questo occorre discontinuità rispetto al recente passato, ma è necessario costruire le condizioni per raggiungere questo obiettivo con la più ampia convergenza di consensi interni.

Chi si accosta alla Margherita ha sempre sperato e spera di trovare un luogo in cui si crede nella politica come servizio, luogo eletto in cui si concretizzi e si renda possibile il desiderio – o meglio il dovere – di solidarietà che ogni uomo ha nei confronti dell’altro.

Chi si accosta alla Margherita cerca di rispondere a quel suo intimo desiderio di impegno, all’interno di un quadro valoriale che ponga al centro la Persona come tale, la sua dignità e la sua dimensione comunitaria. Chi si accosta alla Margherita ha desiderio di impegno generoso. Tutto il resto, gli interessi mascherati da ideali, i valori ostentati come scudo per nascondere cinismo e utilitarismo, la confusione tra quanto è strumento di servizio agli altri e quanto, invece, è strumento per garantire, affermare o magari per difendere se stessi, non è Margherita, non lo era. Se in qualche occasione lo è stato, ciò non dovrà più essere. Occorre sostituire la generosità alla prepotenza, la voglia di imparare alla superbia, la consapevolezza del limite all’arroganza.

Questa, in fondo, è l’idea di mitezza, elogiata da Norberto Bobbio, come attenzione al metodo e prioritaria valutazione dell’interlocutore che diviene sostanza della politica. Abbiamo bisogno di questa “tenerezza”, di simpatia, di freschezza. Sino al 2003 la Margherita ha incarnato la speranza di una politica seria, pulita, trasparente, equilibrata, attenta ai bisogni del Trentino e della sua gente; fino al 2003 abbiamo avuto la capacità di pensare con schemi nuovi, di superare le contrapposizioni anacronistiche che avevano segnato la seconda metà del secolo scorso nel nostro Paese, di costruire sintesi che facevano dell’aggregazione un valore, un armonico tentativo di conciliare differenze per produrre ricchezze di contenuti e di idee.

Per questo siamo stati vincenti, ma il capolavoro nel 2003 non si è completato: ogni valle, ogni comunità, ha avuto in questi anni il suo interlocutore politico, le risorse e gli strumenti per decollare, ma non sempre si è riusciti a farlo.

Sono passati otto anni da quando la Margherita è nata, coagulando attorno ad un ambizioso progetto di cambiamento in positivo del Trentino uomini e donne con sensibilità e storie diverse, ma accomunati da un sogno comune, dato dalla speranza di migliorare la vita della nostra comunità. Il Trentino, lo dobbiamo dire con orgoglio, con noi è cambiato ed è anzi migliorato: non ha perso la sfida dell’innovazione, è allacciato alle dinamiche più avanzate dell’Europa e dell’arco alpino.

Abbiamo governato ed amministrato con saggezza e impegno, ovviamente non senza errori, ma con l’onesto desiderio di raggiungere il massimo risultato possibile per il benessere del Trentino.

Tuttavia, non ha affatto torto chi dice che questo ci ha condotto a tralasciare il rilancio della riflessione sui contenuti, sugli ideali, sui valori. La tavolozza delle idee è rimasta asciutta e non si è posato alcun colore sulla tela: abbiamo rinunciato a costruire speranze, progetti avanzati, visioni di lungo periodo.

Abbiamo omesso, non volontariamente ma per distrazione, di costruire le premesse della politica, di fare politica, di immaginare il futuro con gli occhi della speranza e della passione. Rimane tuttavia grandissimo spazio per intervenire, per ripartire.

Qualcuno ha scritto che occorre “cambiare l’acqua al vaso” della Margherita: non aveva torto, ma è anche vero che questo da solo non basterebbe a ridare slancio ad un progetto politico di lungo periodo, se non si nutrisse la certezza che il nostro patrimonio genetico e culturale affonda le sue radici nel terreno fertile di tradizioni diverse, ma affini, ancora ricche di energia e di vitalità. Pensiamo alla tradizione del popolarismo, con la forte centralità nei valori della Persona, della famiglia e delle comunità originarie; alla tradizione liberale e democratica, che scommette sull’autonomia e sul protagonismo del soggetto; alla sensibilità sociale e democratica, che si fa carico dell’effettività e dell’universalità dei diritti di cittadinanza; alla tradizione di cura e rispetto dell’ambiente che è insita nella cultura alpina, espressiva di un’attenzione matura ed equilibrata alla sostenibilità e alla qualità dello sviluppo; alla tradizione autonomistica e civica, espressione della capacità di autogoverno di una comunità aperta e solidale, ma al contempo custode della propria identità originale.

La grande intuizione della classe dirigente della Margherita di ieri e di oggi fu quella di riuscire ad unire queste componenti ideali e di valori, interpretando quel periodo storico in modo così efficace da poter essere di esempio e anticipazione rispetto all’evoluzione della politica del Paese. Da allora abbiamo vissuto una crescita esponenziale, siamo riusciti a coinvolgere amministratori e cittadini; le elezioni provinciali del 2003 hanno rappresentato un momento di entusiasmo e successo difficilmente ripetibile, grazie anche all’idea di una squadra che fosse capace di lavorare assieme – vertice e base, valli e periferia – per rinnovare il Trentino.

Lo ricordiamo tutti: anche il semplice dichiarare di appartenere alla Margherita suscitava nell’interlocutore una sensazione di simpatia che permetteva di superare la diffusa ritrosia e diffidenza a parlare di politica.

Non possiamo però nasconderci che negli ultimi due anni qualcosa è cambiato, in particolare dopo le elezioni amministrative del maggio 2005: la Margherita non risveglia gli stessi sentimenti positivi. A torto o a ragione, al contrario, viene spesso associata ad immagini poco felici, come quella del “partito degli affari” o dei “piaceri”. Abbiamo perso, in parte, la fiducia delle persone, non riusciamo più a distinguerci dagli altri, segnando la bontà distintiva del nostro progetto politico.

Per chi crede oggi come ieri nella Margherita – per chi ad essa ha dedicato tempo ed energie, lontano dai riflettori, nelle riunioni di approfondimento, nei parlamentini e nelle assemblee di zona, nei consigli comunali o di circoscrizione – è davvero difficile, a tratti frustrante, confrontarsi con i cittadini, con quelli che giudicano e valutano il tuo operato, e sentirsi attaccati pregiudizialmente.

Ecco perché, con orgoglio e umiltà, sentendosi comunque protagonisti di un’idea alta della politica, dobbiamo essere uniti nel rispondere a chi “spara nel mucchio”, dobbiamo respingere con decisione le accuse di chi ci attacca sempre, a prescindere e comunque, usando la falsità diffamante come strumento di lotta politica. Al tempo stesso però dobbiamo riconoscere che non sempre siamo riusciti a gestire nel modo migliore situazioni delicate, che spesso abbiamo dato all’esterno un’immagine di arroganza che non ci è propria, non ci può e non ci deve appartenere.

Per uscire da questo rischio e costruire gli anticorpi a queste difficoltà interne, occorre avviare un leale e generoso radicamento sul territorio, il che significa in primo luogo partecipazione effettiva e mobilitazione permanente degli iscritti e dei simpatizzanti. La nostra scommessa, se non vogliamo che la Margherita imploda, sarà essenzialmente quella di aprire porte e finestre, creando un vortice di rinnovamento ideale, una freschezza di proposte e di persone, recuperando l’esigenza di una partecipazione radicale, circolare, dal basso verso l’alto, ed anche in orizzontale, promuovendo confronti aperti e liberi con chi sta fuori dalla Margherita, con chi si impegna in mondi vicini ma non omogenei ad essa.

Occorre pensare, anche dal punto di vista organizzativo, ad un momento strutturato ma libero e “leggero”, che favorisca l’osmosi ideale e culturale con l’esterno, con il mondo dell’associazionismo, con chi nella società civile si impegna per il bene comune e ha bisogno di un interlocutore politico rispettoso della reciproca autonomia, ma attento, capace di ascolto e di sostegno.

Di qui, si ritorna al concetto iniziale: siamo strumento, non fine, della politica. Siamo un gruppo organizzato di persone e di idee a servizio del Trentino. Siamo e dovremo essere sempre di più l’esempio di un principio di sussidiarietà applicato ai rapporti tra la politica e i partiti da un lato, e la nostra comunità dall’altro.
RICOSTRUIRE FIDUCIA E “FARE PIÙ PARTITO”: DAL 2004 AL FUTURO, UN IMPEGNO MAI CONCLUSO

Nel 2004 il coordinatore Mauro Betta si impegnava, con lungimiranza e cogliendo il segno critico di lungo periodo che già emergeva con i primi segnali di complessità, a costruire le condizioni per il completo passaggio dalla Margherita movimento e cartello elettorale alla Margherita soggetto politico autentico, organizzato e radicato sul territorio. Era necessario – si diceva allora – “fare più partito”.

L’idea, nel 2004 così come ancora oggi, è giusta; ma di strada, da allora in poi non se n’è fatta molta, e non per esclusiva responsabilità di chi con impegno ha guidato la Margherita in questi anni.

Occorre dire con franchezza che per “fare più partito” serviva più generosità, più lealtà, più spirito di squadra, gratuito e generoso, a servizio di una causa condivisa. E non si tratta di individuare colpevoli e responsabili, perché tutti oggi dobbiamo ammettere di non aver fatto abbastanza. Nessuno escluso. Se riconosciamo che la Margherita, al pari di gran parte della politica trentina, si è lasciata ammorbare dai personalismi, dalle rivalità, dalle intransigenti distinzioni, se capiamo che tutto questo deve finire, riusciremo a ritornare allo spirito di chi costruisce le fondamenta, abbandonando l’illusione di poter procedere ad un restauro conservativo.

Riconsegniamo la Margherita alle persone che dal basso hanno voglia di partecipare e di esserci, all’entusiasmo e alla generosità della nostra gente. Rimettiamoci al servizio di una lenta e graduale costruzione di un partito che è “parte” del gioco di opinioni, di contenuti, di progetti che determinano il destino di una comunità. Sia essa locale, nazionale od internazionale.

Torniamo ad essere tutti insieme i protagonisti semplici di un processo collettivo, abbandonando l’illusione di gestire in pochi i processi decisionali che invece appartengono ai molti, se non a tutti. Questo è essere partito, come ci ha insegnato Alcide De Gasperi e, prima di lui, Don Luigi Sturzo. “Fare più partito” significa sentirsi autori e interpreti di un segmento di storia politica trentina che prosegue oltre l’esistenza e il percorso politico di ciascuno dei suoi protagonisti; significa dare più di quanto si riceve, per il Trentino e per la Margherita, significa fare ciò che si ritiene giusto, spiegandone le ragioni agli altri; significa costruire insieme, condividere successi e responsabilità. Significa, in una parola, mettersi insieme per essere “parte”, anteponendo il progetto complessivo e la sua valenza storica e sociale all’istinto di affermazione personale.

Da questo quadro di intenti dovrà derivare una profonda ma condivisa riorganizzazione interna della Margherita, in grado di creare le condizioni per relazioni dirette e feconde tra le aree urbane e la periferia. E’ infatti dalla capacità di tornare a comunicare e condividere i progetti che riguardano il futuro del Trentino, nel suo insieme e nelle sue singole componenti territoriali, che deriva la possibilità di intraprendere percorsi di innovazione autentica e di coesione tra le valli e le aree urbane.

La Margherita, il suo essere partito articolato e radicato, potrà e dovrà essere il collante tra le dinamiche urbane e quelle caratterizzanti le valli: grazie alla mediazione nobile della politica, si potrà evitare un’interpretazione del bene della città come alternativo al bene delle valli e dei territori. Diritti e doveri dei trentini, residenti in aree urbane e nei territori di valle, si intrecciano e possono essere composti armonicamente, senza contrapposizioni. Garantire i primi e adempiere ai secondi – sia nelle valli, sia in città – si può e si deve, senza fratture: la Margherita, con i suoi organismi di partecipazione e la sua azione di ascolto e restituzione di contenuti e idee, dovrà essere ponte, sintesi avanzata, armonizzazione.

Essere più partito, dunque, ci serve a non cedere alle spinte distintive, a sentirci coinvolti in un progetto che trascende tutti e ciascuno; il nostro essere più partito, nella Margherita, serve al Trentino, alla nostra gente, allo sviluppo della nostra comunità.

Se sapremo farlo, e non – si badi – per esclusiva capacità di un illuminato coordinatore provinciale, ma per volontà di tutti, torneremo ad essere “il centro” autentico di cui ha bisogno il Trentino, la bussola interpretativa dei bisogni, delle esigenze e addirittura delle paure dei nostri concittadini di fronte alle sfide del nostro tempo.

Il nostro dunque deve essere un richiamo forte, sincero e coraggioso: torneremo ad essere “il centro” gravitazionale della politica trentina, con onestà, a testa alta, con orgoglio umile e determinato.

 

LA MARGHERITA AL “CENTRO”

Il centro non è il luogo del compromesso, ma il momento della responsabilità.

Il centro non è il volto buono del moderatismo, ma l’esigente sfida della moderazione.

Il centro è dialogo, è coraggio e responsabilità, il centro è rifiuto di ideologismi, è relazionalità. E’ equilibrio, perché è seria ponderazione dei problemi e delle strategie.

Il centro non è una posizione geometrica equidistante dagli estremi o galleggiante nei flussi stantii del potere, ma ricerca del bene comune nel rispetto della dignità della persona.

Le nuove generazioni – come hanno dimostrato anche gli eventi più recenti come il Festival dell’Economia – siano esse della città o delle valli, credono nell’equilibrio, nella razionalità delle scelte, sono stanche del suono fastidioso delle decine di partiti diversi, ognuno concentrato solo a difendere a priori la propria linea, pregiudizialmente distinta e differenziata dalle altre. Il che non vuol dire sterilità o assenza di passione, ma soltanto rifiuto dei contrasti ideologici e strumentali, della polemica fine a se stessa, di ogni forma di relativismo e di dogmatismo al contempo.

Il futuro è di centro, in quanto esso è costruito nel dialogo, nell’equilibrio e – per dirla con Levinàs – nell’aprirsi ed incontrare l’altro, nel costruire insieme le sorti della comunità e di se stessi in quanto membri attivi della stessa. Soltanto con questo approccio, che è metodo e sostanza al tempo stesso, sarà possibile – per citare alcuni esempi – costruire una scuola che sia espressione di un diritto effettivo allo studio e alla formazione, riconosciuto a ciascuno, senza distinzione alcuna, a prescindere dalle ormai vetuste e laconiche polemiche sulle presunte antinomie ideologiche tra scuola pubblica e paritaria; di un diritto alla salute che è condizione per la dignità della persona e per la qualità della vita nelle comunità, e che quindi è condizione imprescindibile per l’edificazione della società in quanto tale; di una ricerca avanzata che è condizione per la competitività di un sistema territoriale, ma è al contempo frontiera delicata che va regolata nel metodo, perché non oltrepassi il senso del limite delle convinzioni etiche e morali di ciascuno; di un diritto alla qualità della vita, dell’ambiente, delle relazioni sociali, che incarna un’idea di qualità come valore a 360° gradi.

Essere di centro – in questo senso – significa anteporre la strategia alla tattica, le finalità collettive agli interessi individuali, le ragioni di ciò che è vero alle motivazioni di ciò che appare o è strumentale.

Essere di centro significa fare fatica: fatica nel ricercare continuamente la soluzione migliore, “vera” in quanto risultato dialettico dell’equilibrio che proviene dalla discussione, dal confronto. E’ la fatica di decidere, colpendo rendite di posizione stantie e oltrepassate, è la fatica di innovare, di cambiare, di camminare anche quando si ha l’impressione della sazietà. E’ la capacità, il coraggio, di non temere la perdita del consenso, se si è raggiunta la consapevolezza che le scelte ipotizzate sono nel bene della comunità.

Ecco perché vogliamo una Margherita capace di camminare, di fare fatica, di vincere con spirito di squadra; in questo senso, il nuovo coordinamento e il nuovo parlamentino avranno il dovere di avviare una grande stagione di riscoperta dell’insegnamento dei nostri padri e del loro insegnamento. Per rifarsi a De Gasperi, a Moro, a Zaccagnini, a Kessler, non basta celebrarli o ricordarli, ma occorre conoscerli e tentare di seguire il loro esempio con umiltà, cercando d’essere, pur consapevoli dei nostri limiti, degni eredi di quella tradizione e di meritarsi, sino in fondo, i nomi e le etichette che spesso invochiamo per collocarci nella storia politica di questo nostro Paese.

 

RIPARTIAMO DA NOI, RIPARTIAMO DAL TRENTINO CHE VOGLIAMO

Mentre la Margherita discute di se stessa, il Trentino ci guarda con interesse e preoccupazione. Ed è giusto sia così, perché se siamo qui ad interrogarci sul futuro è perché crediamo di avere il dovere di assumerci la responsabilità di lavorare per il Trentino.

Dal buon esito del dibattito congressuale – che non è una “guerra” ma un confronto – dal coraggio e dalla generosità che sapremo insieme esprimere nei prossimi mesi e anni, dipende anche il futuro della nostra comunità. Oggi abbiamo un Trentino dei diritti molto forte, radicato, rivendicativo. Ciò che dobbiamo spiegare ai nostri concittadini, ciò che dobbiamo costruire insieme a loro, assumendoci il ruolo guida di un cambiamento profondo, è in primo luogo il Trentino dei doveri e delle responsabilità; in secondo luogo il Trentino delle opportunità equamente accessibili e garantite a tutti.

Liberandoci dall’idea che uguaglianza significhi assistenza, comprendendo che l’uguale ripartizione ai disuguali accresce la disuguaglianza e non la estirpa e che al Trentino serve una comunità attiva e competitiva, occorre protagonismo e generosità per contrastare l’asservimento e il torpore; serve un risveglio traumatico, un allenamento d’urto, e non un sonnecchiante riposo sui risultati raggiunti, pur buoni e pur importanti.

Il Trentino degli anziani, il Trentino degli adulti, il Trentino delle donne, il Trentino dei giovani e quello dei bambini, ha bisogno di nuovi riferimenti culturali, ancorati nelle tradizioni e nell’identità alpina, ma capaci di introdurre la comunità nella complessità del mondo e dell’odierno, con coordinate e riferimenti sicuri, benché flessibili.

Il futuro del Trentino chiede nuovi riferimenti, rinnovati valori, un nuovo linguaggio, nuove idee. Spetta alla politica esercitare uno sforzo in questo senso, spetta a noi, al nostro essere partito guida del Trentino, al nostro voler “essere centro”. Spetta alla Margherita impegnarsi senza il timore di cambiare, ma con la forza che viene dalla consapevolezza di avere un’identità antica, pronta a proiettarsi nel futuro e a rappresentare ancora un riferimento e un sostegno per lo sviluppo civile della nostra comunità.

Guardiamo ai giovani del Trentino e scopriamo (anche) in loro i riferimenti del futuro: a quelli che si spendono con generoso impegno nel volontariato, a quelli che non temono ed anzi sposano la riscoperta del sacro con comportamenti e con scelte anche radicali, ma anche a quelli che vivono delle difficoltà e ci chiedono di prenderci cura di loro, di non dimenticare che loro sono il nostro futuro.

Scopriremo che potremo tornare, senza timore di essere interpretati strumentalmente e a testa alta, a parlare di perdono, di sobrietà, di senso del limite, di mitezza, e dunque di dialogo, di accoglienza, di incontro con l’altro, anche con il “diverso”, di giustizia e di pace, di umiltà, di un diniego meditato ma radicale del perbenismo imperante e di un rifiuto della logica delle prepotenze.

Lo potremo fare riassumendoci anche un ruolo di pedagogia civile, che si è smarrito con la dissoluzione delle ideologie forti del novecento; lo potremo fare compiendo una svolta etica e generazionale, che proprio oggi ci si impone, alla condizione però di credere davvero che sia giunto il momento di voltare pagina. È proprio quel mondo generoso e appassionato che sta fuori dalla politica, ma che ha voglia di interloquire con essa, ad invocare questa svolta. Il Trentino e i trentini sono pronti a rinnovarci la loro fiducia: ma attendono da noi un segno di tangibile discontinuità. Se non lo sapremo cogliere, perderemo un’occasione forse irripetibile.

Dal punto di vista dei valori, questa discontinuità si incarna in alcune rinnovate coordinate di riferimento. In primo luogo, la nostra comunità ha bisogno di un rinnovato senso di solidarietà, libero da qualsiasi logica di assistenza, ma realmente in grado di supportare la piena, libera e consapevole realizzazione della persona, nei suoi affetti, nel suo lavoro, nelle sue relazioni sociali. Un primo riferimento ideale è quindi l’esigenza di creare e di diffondere un senso di comunità, di accompagnare e valorizzare il sentimento di fratellanza tra le persone, di condivisione di una vicenda storica e sociale che coinvolge tutti. Occorre – attraverso la solidarietà – sviluppare un senso di appartenenza che si origini a partire dall’impegno di ciascuno per gli altri e della comunità a favore di ciascuno, e una diffusa emancipazione da ogni forma di precarizzazione personale e sociale. Occorre insomma meno uguaglianza delle apparenze, più uguaglianza nelle opportunità.

In secondo luogo, il Trentino e i trentini hanno bisogno di maggiori libertà e responsabilità; in una parola si avverte l’esigenza di una profonda strategia di valorizzazione delle energie economiche, sociali, civili, della rete di idee e progetti provenienti da cittadini e imprese. Ci vuole più concorrenza, più competizione, più flessibilità nelle relazioni economiche, nelle strategie d’impresa, nello sviluppo delle reti e delle opportunità sociali, pur nel rispetto di un quadro certo di regole e metodi. Occorre cioè riscrivere il paradigma di un Trentino comunità competitiva, in cui il potere pubblico e politico divengano strumenti sussidiari a servizio della libertà dei cittadini e delle imprese. Al contempo la Margherita, con rinnovata autorevolezza, dovrà richiedere per il bene del Trentino, ai cittadini e alle imprese maggiore coraggio, più capacità di osare, senza protezioni, assumendosi il rischio di vincere e di perdere sino in fondo. Al Trentino, ai giovani, al futuro, servono meno lamenti, meno rivendicazioni, meno autodifese, e più energia, più fantasia, più coraggio!

La politica della Margherita deve accompagnare questi sviluppi, consentendo l’apertura di nuovi e crescenti spazi per la libera iniziativa economica, così come per la libera imprenditorialità sociale senza fini di lucro (si pensi alla recente legislazione nazionale in materia) o per il volontariato e il mondo cooperativo. Occorre tornare a ragionare seriamente sull’esigenza di ripensare il significato stesso della presenza dei poteri pubblici, innestando in essa il parametro della proporzionalità e della sussidiarietà, introducendo meccanismi di partecipazione più decisa e incisiva nella gestione della cosa pubblica, sia sul versante decisionale e politico, sia sul versante burocratico e amministrativo. Siamo pronti per liberalizzare, ma non per eliminare o diminuire le garanzie, quanto per liberare ed ampliare le opportunità, la creatività imprenditoriale, le condizioni di scelta dei consumatori.

Occorre ridare slancio al ruolo positivo e propositivo delle giovani generazioni, assumendo che esse sono in grado di pensare, di immaginare e di costruire – se ben supportate – il loro futuro. Lo possiamo fare senza scontri generazionali, ma con un patto ad ampio spettro costruito nell’ottica di una solidarietà che diviene motore di integrazione solidale tra generazioni e di sviluppo per la comunità.

Occorre rinnovare un clima di fiducia nella formazione professionale, nella scuola, nell’alta formazione, diffondendo la sensazione fondata di esser tutti parte di un progetto ambizioso di rinnovamento e di accrescimento qualitativo della società trentina, inserita con originalità e unicità nel tessuto delle relazioni internazionali e nel mondo globalizzato. Il Trentino è piccolo, incastonato come un prezioso diamante nel cuore dell’arco alpino; ma potrà essere originale, unico, peculiare e per questa strada immerso con rinnovato protagonismo nel mondo globale e nella nuova Europa delle Regioni.

E’ necessario inoltre proseguire nella difficile strada che dovrà condurci a realizzare un nuovo equilibrio tra la nostra identità alpina e l’apertura dialogante al diverso, sia esso una corrente culturale e religiosa, sia esso l’immigrato che viene a lavorare e a vivere nella nostra comunità. Lo si può e lo si deve fare anche per ridare slancio alle ragioni ideali ed alle emozioni che sostengono il nostro autonomismo, la nostra specificità, il nostro essere “glocali”. Anche su questo fronte, la Margherita deve fare molto di più.

Noi sappiamo che la nostra Autonomia non è privilegio, ma responsabilità. E dobbiamo, giorno dopo giorno, dimostrarlo con l’efficacia e la capacità di crescere e migliorare. Certo, abbiamo messo in atto in questi anni una politica fortemente autonomistica, convinti che ciò fosse uno dei capisaldi della nostra idea di un autogoverno capace di coprire il vuoto lasciato dal superamento dell’anacronistico concetto di sovranità nazionale e, prima ancora, di confine etnico identificato con quello degli Stati. In una fase storica di mercato globale e di intensi scambi etnici e religiosi, se rimane ancora qualche possibilità di evitare gli aspetti più degradanti del processo di omologazione culturale e di massificazione, questa forse può essere offerta anche da una riappropriazione cosciente e appassionata della storia della propria “piccola patria”, rifuggendo tuttavia da ogni forma di chiusura nel particolarismo e nel localismo.

Si deve dunque rinnovare l’impegno per la nostra autonomia, in quanto fondata su peculiarità che ci sono proprie, a prescindere dalle generazioni ed anzi oltre le stesse. Le popolazioni che vivono in questi territori possono vantare una serie di combinazioni che le rendono uniche:

- la montagna. Gli abitanti di questa terra hanno sviluppato una profonda capacità di sopportazione della fatica, propria di tutte le genti di montagna. La montagna è arida, e raccogliere i suoi frutti richiede impegno, sforzo e sudore. Ma la montagna è anche contemplazione, spiritualità, vicinanza al cielo, è consapevolezza della difficoltà della vita, e tutto ciò ha generato tra queste popolazioni uno spirito di solidarietà profondissimo, che si è concretizzato e che si può cogliere nel proliferare dell’associazionismo e della cooperazione, nella capacità di condivisione e nella centralità della vita comunitaria.

- l’essere via di transito e crocevia di popoli. Il rischio dell’isolamento e della chiusura è stato scongiurato dalla presenza della Valle dell’Adige, del Passo del Brennero e da innumerevoli altre vie di passaggio, che hanno permesso la crescita economica ed uno scambio culturale fecondo. Trentino e Sudtirolo sono sempre stati, grazie alla collocazione geografica, un ponte tra la cultura italiana e quella mitteleuropea.

- la tradizione autonomista. Sia Trentino che Sudtirolo hanno conosciuto la condizione di essere parte di un altro stato, ed entrambi hanno potuto godere di secoli di autonomia e di realizzazione autentica del principio di sussidiarietà. Questo ha portato una cultura di autogoverno radicata, soprattutto a livello comunale, ed a un affievolirsi delle rivendicazioni nazionali: prima si è trentini (e forse, ancora prima, si è parte del proprio comune), poi italiani; prima si è sudtirolesi, poi austriaci.

- una qualità della vita all’avanguardia. Negli ultimi decenni entrambe le province sono state protagoniste di una crescita complessiva elevatissima; la vecchia economia rurale compete oggi nel mondo globale, le ostili montagne sono divenute una risorsa economica essenziale. Ed il benessere diffuso può contribuire ad una convivenza pacifica. L’auspicio è che entrambe le province riescano a trovare una propria collocazione nel mondo globale senza dover rinunciare alle proprie peculiarità e alla propria identità.

Trento, Bolzano e Innsbruck, tre città che simboleggiano tre comunità distinte sotto il profilo istituzionale e con al loro interno popolazioni diverse per lingua, tradizioni, cultura, non possono non stare assieme in un’area di relazioni strutturate, costruite funzionalmente. Proprio la necessità del legame ha prodotto un rapporto di amore-odio dalle radici profonde e che ruota attorno al termine di confine, che significa separazione ma anche comunione, vicinanza, unione. Un nuovo assetto politico dovrebbe partire proprio da un’idea di confine che distingue senza contrapporre, che definisce senza dividere, all’interno di un quadro giuridico che ne stabilisca le regole.

Noi siamo terra di mezzo, di congiunzione, di mediazione tra l’Italia del Nord e il contesto alpino, tra il Mediterraneo e la Mitteleuropea; viviamo aspetti positivi e negativi di questo nostro essere ponte tra diverse realtà. Ma proprio questo, proprio le ragioni della nostra Autonomia devono farci comprendere che non possiamo arroccarci su una visione chiusa di un Trentino attento a tutelare quelli che all’esterno paiono privilegi. Penso che qui da noi, se vogliamo – e sono certo che lo vogliamo – l’idea di essere laboratorio, ovvero di lavorare assieme ed anche di provare a definire regole di cittadinanza più avanzate e diverse nei nostri territori, si possa realizzare proprio in forza di una opportunità storica che abbiamo avuto e che ancora abbiamo, e che sarebbe un errore sciupare.

Ecco perché la Margherita, nel suo essere il centro della politica trentina, deve fare di più: perché l’autonomia trentina non sia mai – neppure una volta – localismo e chiusura, perché non sia mai in difesa, ma sempre in attacco, alla ricerca di nuove opportunità per cui essere avanguardia.

 

VERSO UN NUOVO SOGGETTO POLITICO, SENZA ETICHETTE O CONDIZIONI PARALIZZANTI, OLTRE I CONFINI IDEOLOGICI DEL NOVECENTO

Per fare tutto quanto si è detto sinora, è d’obbligo spendere una parola o due sul tema – a tratti abusato – del nuovo soggetto politico verso cui tutti dicono di tendere. Il percorso della Margherita è ed è sempre stato costruito per raggiungere un approdo più avanzato rispetto a quello costruito in passato e giunto oggi ad un normale quanto atteso logorio ideale. Si è parlato troppo di etichette, di sigle, mai nessuno ha avviato un serio approfondimento sui contenuti, sui progetti, meglio ancora sugli ideali che la contemporaneità si attende ed anzi esige. Sarebbe assolutamente fuorviante dunque che in una tesi congressuale si bocciasse o si promuovesse senza condizioni l’idea della nascita di un nuovo soggetto politico, denominato – ormai malinconicamente – Partito Democratico.

Non si può non dirsi infatti d’accordo con chi sostiene che è urgente un’evoluzione politica profonda verso qualcosa di nuovo, capace di intercettare i segni di un tempo nuovo, dinamico, fluido. Diciamo “si” dunque al cambiamento, all’idea di una Margherita in cammino verso un nuovo soggetto politico e prima ancora culturale. Ma non senza l’imprescindibile condizione che il nuovo approdo sia oltre gli schemi del Novecento: non ha dunque senso la discussione sull’appartenenza alle famiglie politico culturali europee.

Se un nuovo soggetto politico nascerà, e chi scrive intende favorire il percorso nel medio periodo, sarà “altro” rispetto alle tradizionali appartenenze e sarà sintesi di tendenze culturali differenti, plurali, innovative. Se un nuovo soggetto politico nascerà, di nuovo, sarà perché un processo popolare graduale ma deciso lo avrà determinato: non si costruiscono i partiti come si costituiscono le società per azioni. Non ci sono soci di maggioranza, né amministratori delegati di diritto, né consigli di amministrazione determinati dalle consistenze elettorali.

E’ il popolo che decide la formazione dei partiti, la loro affermazione: dobbiamo dircelo a chiare lettere, perché sull’esterno abbiamo dato la fondata impressione di esserci dimenticati questo passaggio. Alla classe dirigente, a chi ha il coraggio di osare e di avanzare lo spunto iniziale, è chiesto di intraprendere il percorso, di guidarlo, di aiutarlo. Ma non si inventano i partiti per una mera fusione degli organigrammi.

Se dunque riusciremo a cogliere la sfida che ci impone il tempo in cui viviamo, avvieremo insieme un percorso culturale – prima ancora che politico – di confronto e di approfondimento sui contenuti che un nuovo soggetto politico deve o dovrebbe interpretare, attorno ai valori che ci rendono alternativi alle destre e ai radicalismi della sinistra antagonista: la solidarietà, l’equità, la giustizia sociale, l’attenzione per i più deboli, l’apertura esigente verso i cittadini stranieri, la competitività, la meritocrazia, la trasparenza, il comportamento libero e democratico che connota l’impegno politico.

Saremo però noi, insieme ai nostri iscritti e con la gente che vorrà unirsi ad un grande processo di partecipazione dal basso, a costruire le condizioni per andare oltre e i metodi per costruire il nuovo. Senza pregiudiziali su chi, liberamente, vorrà aderire al percorso nuovo che costruiremo. Fin da quando è nata la Margherita aveva nel suo dna la propensione a non fermarsi, ad essere “cammino”, non traguardo ma tappa di un percorso più ambizioso. Le ragioni profonde di questo dovremmo averle intuite scorrendo queste pagine.

Alcuni affermano che la post-modernità ci ha posto davanti a un bivio: o scegliamo la strada del relativismo – che tutto riduce a opinione – o quella del dogmatismo – che cerca nella certezza la consolazione di fronte alla mancanza di punti di riferimento.

Ma c’è una terza via, quella del dialogo e della ricerca, quella delle persone di buona volontà che vogliono, attraverso la dialettica, il confronto, la discussione, cercare la soluzione “giusta”. Come realizzarlo in politica? Costruendo soggetti ampi, capaci di far incontrare persone provenienti da storie diverse ma con una visione di fondo comune. Il problema è che non si sono mai volute approfondire le ragioni profonde dello stare insieme, non si è mai cercato di superare i preconcetti radicati in chi ha vissuto decenni di contrapposizioni.

La soluzione non sta in accelerazioni irresponsabili, che non tengano conto dei partiti, e che rischiano solo di moltiplicare, anziché diminuire, le liste elettorali. Ma non sta nemmeno nel lasciare la decisione alle classi dirigenti dei partiti che non hanno interesse a modificare un assetto politico che li soddisfa.

Giunti a questo punto, ribadiamo, è meglio ripartire, aprire un dibattito capillare, coinvolgere quella base che da sempre ci chiede una semplificazione del quadro politico, che ci chiede di superare le sterili litigiosità, per occuparci con responsabilità dei problemi veri della nostra comunità, senza scadenze, senza obiettivi definiti, aperti ad ogni soluzione. Quanto detto si riflette anche sulla natura dei rapporti con la coalizione, con gli alleati, che riteniamo debbano essere orientati alla collaborazione, ad una dinamica convergenza sui grandi snodi strategici che ci attendono, politicamente ed istituzionalmente; ad un rapporto, insomma, che non esclude anche un leale confronto competitivo sull’elettorato ma che non perde di vista mai e per nessuna ragione che le ragioni dell’alleanza sorreggono il progetto di lungo periodo pensato nel 2003 per il bene della nostra comunità trentina.

Se le condizioni per un nuovo e più ampio soggetto politico, inevitabilmente originale rispetto a qualsiasi quadro politico nazionale, non matureranno prima del 2008, anche per effetto di una legislazione elettorale che premia la distinzione competitiva e le alleanze plurali rispetto all’unicità, sarà dovere e impegno della futura classe dirigente della Margherita non perdere di vista – in nome di tatticismi di breve periodo e corto respiro – che il progetto culturale di una diversa configurazione dei rapporti politici è inserito nella storia del Trentino dei prossimi anni e va oltre la mera scadenza del 2008.

A tutti gli amici che hanno accompagnato questa affascinante esperienza di governo della Provincia e dei Comuni nel Trentino, qualsiasi sia l’esito congressuale, sarà garantita continuità, equilibrio, rispetto e massima collaborazione.
LA MARGHERITA E LE SUE DISTINZIONI INTERNE. OLTRE LE DIVISIONI.

UNA POLITICA DI PARTECIPAZIONE

 

L’esigenza di governabilità che ha portato all’elezione diretta dei sindaci ha consentito, oltre che ai cittadini di scegliere in prima persona il loro primo cittadino, di amministrare i comuni in maniera efficace; mentre l’attuale forma di governo provinciale ha portato quella stabilità politica necessaria per realizzare riforme che il Trentino aspettava da decenni.

Alla diminuzione del dibattito e del confronto dialettivo all’interno delle istituzioni non sono però seguite forme di partecipazione diffuse ed autentiche, né all’interno delle amministrazioni, né, soprattutto, all’interno dei partiti, soprattutto di quelli di maggioranza. Ciò non toglie che sono moltissime le persone che avrebbero voglia di fornire il loro contributo, anche senza candidare per ruoli decisionali o per cariche di responsabilità: queste persone, iscritte o meno alla Margherita, non aspettano altro che di essere coinvolte!

E che non si dica che la voglia di politica non è diffusa, che le persone preferiscono delegare: se non c’è partecipazione, anche all’interno di un partito, è perché non si sono create le condizioni per realizzarla. La priorità per i prossimi mesi sarà quindi riuscire a creare un’organizzazione interna capace di coinvolgere davvero la base del partito nelle decisioni, non tanto per informare delle decisioni già prese, ma per discutere assieme, capire i bisogni e le necessità in gioco, e alla fine decidere con convinzione.

La Margherita – dopo una fase iniziale nella quale era necessario avere una leadership forte, capace di governare la crescita del nuovo soggetto politico – non è stata in grado di radicarsi davvero sul territorio. È percepibile, tra la “base”, l’insofferenza per una struttura incapace di favorire la partecipazione, sia interna che verso l’esterno. Ne conseguono da un lato pericolose spinte centrifughe e uno scollamento marcato tra la città e le valli, dall’altro il ripresentarsi del senso di lontananza del partito dalla c.d. società civile.

Si deve ristabilire un rapporto improntato all’ascolto reciproco tra centro e periferia, tra vertice e base, in un circuito virtuoso di partecipazione democratica interna che rinnovi il senso di appartenenza ad un progetto condiviso. Verso l’esterno dobbiamo favorire ogni forma di partecipazione, aprirci ai tanti simpatizzanti che non fanno parte degli organi di partito.

Questa sarà una sfida essenziale da vincere: partecipazione diffusa, senza però rinnegare la forma partito; occorre piuttosto un rinnovamento del partito, che deve aprirsi alla comunità, liberando energie e accogliendo in positivo i contributi e le dinamicità esterne.

Ci siamo già dimenticati di quelle interminabili file che hanno sorpreso tutti gli “addetti ai lavori” alle primarie per la scelta del candidato premier? Dobbiamo allora favorire quella partecipazione; essa si manifesta, oltre che nella fase di discussione, anche attraverso il voto: alle elezioni provinciali si dovranno immaginare forme di coinvolgimento partecipato dei cittadini e della comunità nella stesura delle liste e del programma, nel pieno consenso del Parlamentino e in accordo con gli alleati. D’altra parte, non è forse questo il senso del termine “democrazia”?

La democrazia – che oggi rappresenta il maggiore mito delle scienze politiche occidentali – non può ridursi ad essere un mero meccanismo elettorale, che si identifica nel principio maggioritario. Deve essere invece qualcosa di qualitativamente diverso, che non può prescindere da irrinunciabili diritti della persona e delle minoranze, dalla trasparenza delle scelte, da una limitazione della volontà della maggioranza.

Chi crede nella democrazia così intesa, non può che perseguirla (non certo esportandola con la forza) applicandola, a partire dai partiti e dalle amministrazioni più vicine ai cittadini. Naturalmente perché la discussione sia feconda, il partito e gli amministratori dovranno essere in grado di trarre delle conclusioni, e decidere: non può essere messo in discussione il diritto-dovere di chi ha la responsabilità delle scelte di assumere decisioni anche impopolari. Deve però farlo con consapevolezza e trasparenza.

La seconda priorità interna per la Margherita è realizzare quella formazione che oggi è completamente assente in politica, e che viene invocata a gran voce non soltanto dai giovani. Le conseguenze dell’assenza di una formazione politica seria sono, da un lato, una classe dirigente non sempre capace di interpretare le complessità di una realtà in continua evoluzione, dall’altro viene impedito ai giovani di crescere e di acquisire gli strumenti necessari per un ricambio generazionale sempre sostenuto nelle parole, molto meno nei fatti.

Da quasi un anno abbiamo previsto nello Statuto una Scuola di Formazione, ma siamo ancora lontani dal realizzarla. La si deve istituire e strutturare al più presto, sviluppandola in forme avanzate di collaborazione con le forze politiche dell’alleanza di centrosinistra che si renderanno disponibili; questo consentirebbe di incominciare a condividere un percorso a partire dalle idee, dialogando fianco a fianco al di fuori delle sedi decisionali, dove spesso la tensione e gli interessi in gioco erigono barriere, invece di ponti.

L’osmosi creativa delle idee e dei nuovi valori di riferimento che favoriranno la creazione di un nuovo soggetto politico per il Trentino deve partire da questo nucleo di formazione per il futuro, fortemente orientato sulle generazioni di domani, non senza però dimenticare l’imprescindibile ruolo di coloro i quali, assumendosi l’onere di guardare lontano, sapranno accompagnare questo processo.

CONCLUSIONE

Quelli che ci aspettano saranno due anni intensi, che dovranno stabilire la direzione che dovrà prendere la Margherita, se vorrà accontentarsi di quanto realizzato fino ad ora, o se vorrà lanciarsi senza paura nel futuro, per crescere assieme al Trentino.

Dove va la Margherita? Crediamo che la risposta sia questa: andremo non dove vorrà il futuro coordinatore, ma dove vorremo tutti noi, insieme, decidendo insieme, costruendo insieme le condizioni per il percorso. E’ concluso il tempo degli strappi di chi decide in solitudine.

Se il partito riuscirà a rilanciare sulla partecipazione, sulla formazione, sul suo essere “il centro”, nel senso che si è detto, sulla sua credibilità, riusciremo a risvegliare l’entusiasmo di chi ha voglia di impegnarsi per la propria comunità, e verranno isolati gli opportunisti. Occorre la freschezza dei volti nuovi e l’esperienza dei protagonisti di oggi: entrambi, insieme, senza fratture.

Per riuscire in questa difficile impresa – se posso riprendere la felice metafora che spesso citiamo – non possiamo accontentarci di essere solo dei montanari, perché non stiamo seguendo un sentiero già tracciato, ma una vetta impervia, dove si deve arrampicare. Come possiamo conquistarla? Un tempo quando l’alpinista classico si trovava davanti una parete verticale, e voleva raggiungere la cima, utilizzava chiodi, scalette e attrezzature artificiali per aiutarsi. Ma che merito aveva? Davvero poteva dire di avere conquistato quella cima? Che diritto avevano di rovinare per sempre la montagna piantando chiodi ovunque per salire?

Per questo i free climber – alla lettera “arrampicatori liberi” – rifiutano quella logica, e salgono utilizzando soltanto appigli naturali, mentre i chiodi servono solo per la sicurezza in caso di cadute. Conquistano la cima lasciando integra la parete per chi vorrà provare a risalire e bocciano come “non etico” chi non rispetta quelle semplici regole.

Uscendo dalla metafora, noi dobbiamo realizzare la politica in cui crediamo, quella che pone al centro del suo agire la persona umana, dobbiamo tornare al cuore dei trentini con umile coraggio e generosità, comportandoci come quei rocciatori che credono che il senso dell’arrampicata consista nell’atto stesso dell’arrampicare, non nella conquista della vetta sempre e a qualunque costo.

Hannah Arendt ci ricorda essere di gran lunga migliore il politico che agisce nel rispetto delle regole democratiche, addirittura anche se in nome di una cattiva causa, piuttosto che quello che utilizza metodi non democratici per i fini più nobili. Cosa voglio dire? Che l’unico modo possibile per realizzare una società giusta e democratica, con un’etica diffusa, dove ci sia parità tra gli uomini, è comportarsi secondo le stesse regole, non limitarsi a proclamarle.

Se non lo facciamo, non saremo credibili e non realizzeremo mai quell’ideale di società coesa, solidale, regolata. Lavoriamo uniti, dopo la fase congressuale di confronto; lavoriamo per segnare la discontinuità, senza protagonismi, con dedizione, per il bene della Margherita e soprattutto per il bene della nostra comunità.

Auspichiamo una fase congressuale serena, un percorso libero e dialettico di confronto ideale e culturale. Siamo per l’unità, per la convergenza, per la composizione delle distinte specificità. Con queste tesi, con questa candidatura, senza superbia, ci poniamo a servizio dell’impresa, consapevoli che sarà una sfida dura; consapevoli soprattutto che la vinceremo se saremo uniti.