
Di seguito l’intervento sul “caso Daniza”, l’orsa che ha ferito un uomo, pubblicato oggi sul quotidiano l’Adige.
Il “caso Daniza”, alle cronache di questi giorni sui giornali nazionali ed anche internazionali, ha prodotto una cristallizzazione tra due posizioni molto diverse, che semplificando possiamo così riassumere: gli animalisti, per i quali viene prima di tutto l’orso (“che l’uomo se ne stia lontano dai boschi”), e coloro invece che attaccano la reintroduzione dell’orso (“devo poter andare per i boschi tranquillo”), dimenticando che i morti in montagna sono tanti e dovuti a cause molteplici.
Ma oggi, come ho avuto modo di dire tante volte in Consiglio Provinciale, quello che serve è equilibrio.
Sono nato e cresciuto a Spormaggiore (per chi non vi fosse mai stato, segnalo lo splendido parco faunistico dedicato ai predatori delle Alpi), dove la presenza dell’orso è sempre stata considerata naturale, e sin da bambini si cercavano le impronte e i segni del suo passaggio intorno al paese. Infatti l’orso non è stato “reintrodotto” in Trentino, perché c’è sempre stato!
Sterminato dalla caccia in epoca dove la sensibilità ambientale e turistica era decisamente inferiore ad oggi, era arrivato sull’orlo dell’estinzione, ma non è mai sparito del tutto.
Con il progetto life ursus si decise di procedere al reinsanguamento, perché erano rimasti esemplari insufficienti per garantire la prosecuzione della specie, e così si sono potuti riprodurre, trovando un ambiente favorevole. Credo che all’epoca venne compiuta la scelta giusta, perché l’impatto che l’uomo produce sull’ambiente, di cui è parte, dovrebbe responsabilizzare e portare a tutelare più possibile quella che è una parte di noi, oltre che una inestimabile risorsa.
Per questo i commenti che lasciano più amarezza sono quelli degli esponenti politici che strumentalizzano (“via l’orso dal Trentino”) o si scherniscono (“lo abbiamo ereditato, ormai c’è ma ridurremmo il numero più possibile”).
Oggi la presenza dell’orso è divenuta un simbolo dell’immagine del Trentino e lo dimostrano i commenti a difesa di Daniza (oltre 30.000 firme raccolte in tre giorni), e va difesa, ma questo non può prescindere dall’accettazione sociale anche di coloro che vivono sul territorio.
Fondamentale è allora la cultura della montagna, che si tramanda da generazioni e che si deve continuamente rinnovare. La montagna è affascinante proprio perché ha in sé elementi di incertezza e rischio, rappresentando in tal modo la vita stessa. Che si tratti di serpenti, di insetti, di funghi, di vette, di fulmini, di valanghe, di sentieri esposti, di sport pericolosi.. non sono mai i divieti a rappresentare la soluzione. La risposta non può risiedere in quell’ossessione della certezza che porta alla paranoia della sicurezza.
La conoscenza e la consapevolezza sono l’unica strada percorribile per comprendere i propri limiti e ridurre i rischi derivanti da un ambiente unico e da preservare.
Nel nostro caso poi si scoprirà che l’orso è un animale schivo e che si allontana quando sente la presenza umana e sono rarissimi i contatti, come evidenziano le statistiche di Paesi con una massiccia presenza di orsi. Si scoprirà anche che il nostro comportamento incide e non poco: chi vuole evitare possibili incontri può utilizzare le più elementari precauzioni.
Naturalmente la conoscenza porta anche a evitare gli eccessi nel senso contrario che portano a dimenticare che stiamo pur sempre parlando di un predatore fisicamente prestante: esiste una piccola percentuale di orsi che prende confidenza con l’uomo, e questa la può rendere più pericolosa. In questo caso si deve poter intervenire per allontanarlo e, nei casi più problematici, catturarlo, per ridurre i rischi e facilitarne l’accettazione sociale. Perché senza accettazione sociale non è a rischio la vita di un singolo orso, ma di tutta la popolazione che vive su un territorio.
La sintesi è equilibrio: sbaglia chi pensa che l’orso trentino sia come il grizzly dei film e non comprende la valenza simbolica, ambientale e turistica della sua presenza, ma sbaglia anche chi pensa che valga più la vita di un orso che quella di un uomo e non capisce che chi vive in montagna può temere la presenza di un plantigrado vicino.
Convivere si può, come sempre basta solo un po’ di buon senso.
Luca Zeni
consigliere provinciale Partito Democratico del Trentino
Discussion - One Comment
Daniela
Aug 16, 2017 at 11:20
Apprezzo il suo intervento di buon senso e non offensivo e tronfio come quello di altri rappresentanti della politica. Non mi sono piaciute le modalità di comunicazione dell’uccisione dell’orsa i toni e gli atteggiamenti della comunicazione come non mi sono piaciute le foto date in pasto agli sciacalli. Si poteva decisamente fare meglio. A volte la forma diventa sostanza come in questo caso.