Il tema dell’immigrazione continua a occupare la scena mediatica, a causa di decisioni che sembrano puntare a tenere alta la tensione sociale e aumentare i problemi, anziché risolverli. Una mozione, sottoscritta da tutto il gruppo del Pd del Trentino, per percorrere la strada della ragionevolezza, per affrontare i possibili problemi e costruire percorsi di autonomia.
PROPOSTA DI MOZIONE
ORGANIZZARE I SERVIZI PER LE PERSONE STRANIERE RESIDENTI IN TRENTINO CHE FAVORISCA PERCORSI DI AUTONOMIA E QUINDI SICUREZZA E ACCETTAZIONE SOCIALE
È stato avviato, nella nostra provincia, un percorso di smantellamento di un’esemplare risposta ad una delle sfide socialmente e umanamente più rilevanti che questo territorio ha affrontato negli ultimi decenni. Una sfida che il Trentino, per quanto gli compete, ha dimostrato di saper affrontare, governando il fenomeno nelle sue problematicità e sapendone cogliere le diverse opportunità.
Questa “governance” dell’immigrazione è stata attivata nel 2001, quando è nato il Cinformi, strutturato sulla collaborazione fra ente pubblico e privato sociale. Una sinergia, quindi, che valorizza il know-how del terzo settore sotto la regia e il coordinamento dell’ente pubblico. Grazie a questa regia pubblica, sin dalla nascita il Centro informativo per l’immigrazione ha stipulato un accordo amministrativo con la Questura di Trento, supportandola nelle procedure amministrative per i documenti di soggiorno. Sarebbe facile trovare, negli archivi dei media locali, riscontri fotografici delle lunghe code che partivano proprio dalla Questura nell’allora sede di Piazza della Mostra a Trento e si snodavano lungo Via San Marco. Uno scenario insolito nel nostro ordinato Trentino al quale una politica più concreta, responsabile e lungimirante di quella che governa oggi questo territorio decise di rispondere. Una risposta la cui importanza è peraltro riconosciuta oggi, almeno in parte, dallo stesso presidente Fugatti che fra le attività del Cinformi “da salvare” ha menzionato proprio la presenza degli operatori del Centro informativo per l’immigrazione presso gli sportelli della Questura.
A questo impegno si sono affiancate, nel corso degli anni, altre sinergie istituzionali a livello locale e nazionale, ma è stato attivato anche un costante dialogo con le organizzazioni datoriali e, grazie al front office e al back office presso il Cinformi, non è mai mancata la consulenza a favore di tutti i cittadini fra autoctoni, migranti, lavoratori e famiglie bisognose di assistenza per i loro anziani che hanno interpellato la struttura per orientarsi fra i complessi adempimenti normativi nel campo dell’immigrazione.
Il raggio d’azione del Cinformi si è ampliato nel corso degli anni per rispondere efficacemente alla stabilizzazione dei migranti in Trentino e per accompagnare l’intera comunità – non “solo” migranti ma anche, naturalmente, autoctoni – di fronte ai nuovi scenari del fenomeno migratorio.
In tal senso, il Cinformi ha saputo non solo rispondere alle sfide che l’immigrazione poneva nell’immediato, ma anche analizzare il presente per fornire elementi conoscitivi e interpretativi per approntare, con anticipo, opportuni interventi.
Questi risultati sono quindi frutto di una cultura della programmazione che, fortunatamente, non è del tutto evaporata dentro le istituzioni dell’autonomia trentina. Una cultura che si fonda, non tanto sull’affrontare il contingente, quanto nel prevedere, possibilmente in maniera scientifica, l’andamento futuro dei fenomeni oggetto delle azioni di governo. Senza programmazione infatti, l’agire amministrativo si esaurisce nel mero atto, senza proiettarsi sul domani e senza dispiegare effetti di lunga deriva, esattamente come sta accadendo per larga parte delle attività e delle scelte messe in campo dall’attuale giunta provinciale.
Di qui l’importanza, nell’ambito dell’attività di studio e ricerca, del Rapporto Immigrazione redatto dal Cinformi che ora, secondo quanto annunciato dall’attuale governo provinciale, sarà colpito da un significativo taglio di risorse, peraltro già contenute rispetto alla profondità di analisi e alla ricchezza di spunti di riflessione che sino ad oggi hanno reso partecipe la comunità, gli studiosi e, certamente non ultimi, i decisori politici, del quadro e dell’andamento del fenomeno migratorio in Trentino.
Lo stesso Rapporto Immigrazione ha ben spiegato, nel corso degli anni, come i migranti siano una componente strutturale del “sistema Trentino”; una presenza imprescindibile in comparti strategici come l’agricoltura, l’ambito turistico-alberghiero e i servizi. Settori nei quali, come ricorda lo stesso Rapporto, non v’è stato peraltro un significativo ritorno di lavoratori autoctoni nonostante le difficoltà economiche degli anni recenti.
Questo positivo inserimento e questa valorizzazione dei nuovi cittadini nel tessuto economico e sociale nasce da ponderati interventi che hanno facilitato l’accesso ai servizi pubblici e la costruzione di relazioni positive, lavorando al contempo nella direzione di rendere i servizi capaci di rispondere ai bisogni diversamente espressi dai cittadini immigrati, informati dei loro diritti e dei loro doveri.
L’impegno del Cinformi si è concretizzato anche in progetti e iniziative per favorire la coesione sociale, facilitando il dialogo e la conoscenza reciproca fra le diverse culture, spiegando alla comunità le ragioni delle migrazioni, smontando pregiudizi e timori infondati e fornendo risposte e soluzioni rispetto ai timori fondati.
Sono tante, quindi, le sfide poste dall’immigrazione alle quali il Cinformi ha risposto nel corso degli anni a favore di una coesione sociale nell’interesse dell’intera comunità: l’affacciarsi dell’immigrazione in Trentino, i lavoratori stagionali e gli altri migranti economici, il fenomeno delle cosiddette “badanti”, le seconde generazioni e, negli ultimi anni, l’accoglienza dei migranti forzati: richiedenti protezione internazionale, minori stranieri non accompagnati e vittime di tratta a scopo di sfruttamento.
In particolare, il Cinformi gestisce oggi l’accoglienza dei richiedenti asilo, in collaborazione con il terzo settore, in virtù di un protocollo d’intesa sottoscritto con il Commissariato del governo. In questo ambito, sono state attuate in Trentino pratiche riconosciute poi come buone prassi nel più ampio contesto nazionale. In primis, il principio di accoglienza diffusa evitando, nei limiti del possibile, concentrazioni di persone in grandi strutture e favorendo, invece, l’inserimento di piccoli gruppi sull’intero territorio provinciale. L’accoglienza diffusa si è tradotta generalmente in una positiva inclusione, nata da relazioni interpersonali rese possibili da questa tipologia di inserimento dei migranti nella comunità. Ma il positivo ingresso nel tessuto sociale è reso possibile anche, va ricordato, dalla dedizione quotidiana di qualificati operatori del sistema di accoglienza e dall’impegno volontario di tanti trentini che credono nella capacità di questo territorio di vedere nell’immigrazione non una minaccia ma un’opportunità, fermo restando il dovere di rispondere alle richieste di asilo sancito innanzitutto dalla nostra Costituzione.
Altra buona pratica applicata prima in Trentino e poi nel contesto nazionale è la valorizzazione dei migranti nel volontariato e in mansioni di pubblica utilità. Percorsi professionalizzanti che al contempo hanno favorito il dialogo e l’incontro con la comunità e che hanno consentito di impiegare proficuamente, anche in un’ottica di reciprocità, le lunghe attese che caratterizzano il percorso di richiesta di protezione internazionale e che non dipendono dalla Provincia autonoma di Trento.
Insomma, il Trentino sino ad oggi ha risposto ad una precisa richiesta dello Stato con un progetto che, nell’ambito della capacità di spesa riconosciuta dallo Stato stesso, non si è limitato a fornire vitto e alloggio ed ha invece favorito l’inclusione dei migranti ottimizzando le risorse a disposizione. Un’inclusione che oggi si vuole di fatto ostacolare tagliando servizi essenziali per ogni processo di integrazione, in primis l’insegnamento della lingua e della cultura italiana, l’assistenza psicologica (fondamentale nel campo delle migrazioni forzate), il supporto legale, il supporto socio-assistenziale e l’orientamento al lavoro. Tutti tasselli di un percorso volto al raggiungimento, da parte dei migranti, di un’autonomia personale e di un ruolo attivo nella comunità che li ha accolti. In altre parole, un percorso capace di trasformare una sfida in un valore aggiunto, anziché in un problema.
L’intento, quindi, sembra essere quello di mettere delle persone fragili ai margini per rendere l’immigrazione una sorta di minaccia e alimentare le paure dei cittadini. Timori che, in assenza di interventi di inclusione, potrebbero diventare fondati, poiché la letteratura scientifica afferma che la devianza dei migranti è inversamente proporzionale alla presenza di politiche e servizi orientati all’integrazione. Come peraltro ha ricordato anche il Presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso di fine anno, peraltro ricevendo la condivisione – abbastanza sorprendente, e quindi speriamo non solo tattica – del Ministro degli Interni Salvini.
Sarebbe istituzionalmente scorretto se il disegno del nuovo governo provinciale fosse di affrontare ideologicamente il tema, senza approfondirlo realmente, puntando solo a demolire senza criterio ciò che è stato costruito come risposta responsabile e solidale di questo territorio all’immigrazione. Significherebbe alimentare tensione e problemi, anziché lavorare per migliorare i servizi esistenti. A questo si aggiunge, dulcis in fundo, l’annuncio di rivedere, o addirittura cancellare, l’impegno del Trentino nella cooperazione allo sviluppo.
Tutto ciò in contraddizione, peraltro, con gli slogan che abbiamo sentito per anni dalle stesse forze politiche che oggi ci governano: “non vogliono integrarsi” e “aiutiamoli a casa loro”.
Tutto ciò premesso e considerato che:
- in questo scenario di revisione del sistema di gestione dell’immigrazione, pare che la Giunta si muova in maniera meramente ideologica, senza entrare nel merito, e senza coinvolgere nell’analisi i soggetti coinvolti;
- la Giunta provinciale intende procedere con una riduzione/eliminazione di diversi servizi senza proporre alcuna visione strategica e programmatoria alternativa rispetto al fenomeno migratorio, in netta contraddizione con la rilevanza attribuita a tale fenomeno, in termini allarmistici, dalle forze politiche oggi al governo del Trentino;
- la completezza di risposta del sistema trentino di accoglienza è resa possibile anche da diverse decine di operatori qualificati, in larga parte giovani, che rappresentano peraltro un vero e proprio investimento in ambito sociale;
- il numero di persone nel sistema dell’accoglienza è in costante calo dal luglio 2017, in seguito alle politiche di gestione a 360 gradi del fenomeno da parte del Ministro degli Interni Minniti, e che si basavano su accordi bilaterali coi Paesi di provenienza e una gestione coerente e rispettosa dei percorsi in Italia. Questo permette ora di gestire senza l’affanno della continua emergenza il sistema dell’accoglienza e la ricerca di continuo rilancio mediatico denota più una volontà di “strategia della tensione” che di risoluzione dei problemi.
- la Provincia Autonoma di Bolzano, che come la Provincia di Trento gestisce direttamente l’accoglienza (in altre regioni è la prefettura), ha annunciato che manterrà i servizi per i richiedenti asilo come i corsi di lingua e di formazione, essendo questi gli elementi principali per poter fornire degli strumenti di autonomia ed evitare che durante e al termine del percorso aumentino i problemi sociali e di sicurezza;
il Consiglio impegna la Giunta a:
- proseguire, nell’ambito del progetto di accoglienza, con i corsi di lingua e cultura italiana per non eliminare un fondamentale fattore di acquisizione della competenza linguistica e di consapevolezza, da parte delle persone accolte, dell’ordinamento italiano e dei loro doveri;
- proseguire con l’erogazione dei servizi di assistenza psicologica, di supporto legale e socio assistenziale alla luce dei particolari, drammatici e complessi vissuti di molti dei migrati forzati in accoglienza, per favorire il recupero e il percorso di autonomia dei soggetti più fragili;
- proseguire nell’erogazione dei servizi di orientamento al lavoro, la cui soppressione comporterebbe un mancato impiego del tempo a disposizione dei migranti accolti in attesa dell’esito della loro domanda di protezione internazionale e un mancato raggiungimento, attraverso il lavoro, di una loro autonomia personale che consente, fra l’altro, di abbattere i costi dell’accoglienza e che riduce il rischio di comportamenti devianti;
- anche alla luce della costante e progressiva riduzione del numero dei richiedenti asilo a partire dal luglio 2017, proseguire con il modello dei “piccoli gruppi” per evitare concentrazioni di migranti in grandi strutture del solo capoluogo trentino che renderebbero più difficoltosa l’accettazione sociale da parte della comunità cittadina e renderebbero più difficoltosi i percorsi di inserimento relazionale e lavorativo nel tessuto sociale;
- attivare prima possibile un autentico tavolo di confronto con i rappresentanti degli operatori impegnati nell’accoglienza per comprendere i diversi aspetti in gioco e poter proporre con cognizioni di causa strumenti di controllo e valutazione del lavoro svolto;
- rivedere la decisione di ridurre drasticamente le risorse destinate alla stesura del Rapporto Immigrazione del Cinformi per non perdere il principale strumento di monitoraggio, analisi e previsione dei trend del fenomeno migratorio in Trentino;
- confermare la scelta della comunità trentina di impiegare lo 0,25 % del proprio bilancio per progetti nell’ambito della cooperazione internazionale, anche al fine di favorire una crescita bilaterale di collaborazione, che potrà portare uno sviluppo reciproco delle comunità coinvolto.